All’ospedale Cannizzaro di Catania bisogna aspettare un anno e due giorni per una mammografia. Dieci mesi per un ecodoppler o un’ecografia della mammella. Nove mesi per una tomografia retinica. Tra circa 600 prestazioni sanitarie previste nella lista, 50 richiedono almeno 120 giorni, cioè quattro mesi, per essere erogate, e 30 ne richiedono almeno 180, cioè sei mesi, secondo il report sui tempi di attesa elaborato dall’Azienda ospedaliera e aggiornato a gennaio 2023. Non a caso proprio ieri, a Catania, nell’inaugurare una Casa di comunità alla Cittadella della Salute (ex ospedale S. Luigi), il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, affiancato dall’assessore alla Salute, Giovanna Volo, ha sottolineato che “abbattere le liste d’attesa e migliorare l’aspetto relativo alle emergenze” è una priorità del governo. E c’è da crederci, se anche a Palermo, tanto per fare altri esempi, al Policlinico “Giaccone” servono 153 giorni (cinque mesi) per una visita chirurgica alla tiroide o un’ecografia alla tiroide, 265 (nove mesi) per una visita dall’endocrinologo, 272 giorni per una visita neurologica. Gli ospedali messinesi hanno raggruppato le statistiche per territorio: nell’area metropolitana, per una mammografia “in tempi brevi”, cioè dieci giorni, l’attesa media è di quattro mesi, cinque e mezzo per una tomografia del torace, cinque mesi per lo stesso esame ma all’addome.
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Ci sono 29 milioni di euro per accorciare le liste d’attesa
Il Piano regionale per l’abbattimento delle liste d’attesa nelle strutture sanitarie è in corso di aggiornamento. Tutte le aziende sanitarie e ospedaliere sono state chiamate ad effettuare una “bonifica e una rigorosa rivalutazione delle liste di attesa” e a fornire, entro il 19 giugno, il numero esatto delle prestazioni evase, non più necessarie o non erogate. Lo ha disposto il dirigente generale del Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico, Salvatore Requirez, con una nota inviata a tutti i commissari straordinari di Asp e aziende ospedaliere. La Regione, una volta ricevute tutte le schede di rilevazione, in modalità digitale, dovrà tenere conto della situazione di ogni provincia e riassegnare le risorse finanziarie, per consentire di recuperare le prestazioni nel minore tempo possibile. Che poi era lo stesso obiettivo stabilito dopo la pandemia, quando il ministero della Salute destinò ingenti somme proprio per recuperare le prestazioni “disperse” a causa del Covid. La Regione Siciliana, dei 40 milioni di euro ricevuti, a dicembre 2022 ne aveva rendicontati 11, il 29 per cento. Gli altri 29 milioni di euro sono ancora in gioco, secondo quanto ha rilevato la Corte dei Conti.
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Il ministero della Salute pensa alle farmacie
La gestione delle liste di attesa è un problema nazionale che investe ogni regione, tanto che il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha assicurato un impegno specifico nell’Atto di indirizzo 2023 emanato dal ministero. Il ministro confida nelle nuove strutture e nei presidi territoriali, come le Case della Comunità, gli Ospedali di Comunità e le Centrali Operative Territoriali, tutto previsto dal Pnrr, con cui si potranno ammodernare i servizi. “Transizione digitale, fascicolo sanitario elettronico, telemedicina, assistenza domiciliare, migliori capacità di erogazione e monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza attraverso più efficaci sistemi informativi“, si legge nel documento. Anche sulle liste d’attesa la gestione “potrà essere migliorata nei tempi attraverso la riorganizzazione dei processi di governo, introducendo modelli e standard per il monitoraggio sistemico e strutturato a livello nazionale del percorso assistenziale del paziente”. Accanto all’impegno, Schillaci apre al coinvolgimento delle farmacie, “quale presidio diffuso capillarmente sul territorio nazionale, nella erogazione dei servizi assistenziali e delle prestazioni professionali in risposta alle esigenze di salute”.
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“Dare le giuste risorse a chi è professionalmente abilitato”
Forse, laddove non arriva l’ospedale, può farlo la farmacia. Ma sul punto non mancano aspre contestazioni da parte degli operatori del settore, in particolare degli ambulatori privati convenzionati. “L’erogazione di prestazioni specialistiche in convenzione in
farmacia? Presentando la ricetta? Siamo alla follia“, affermano i coordinatori del Cimest (Coordinamento intersindacale di medicina specialistica ambulatoriale di territorio), Salvatore Gibiino e Salvatore Calvaruso. “Fermo restando il massimo rispetto per la figura professionale del farmacista – proseguono – essenziale per il comparto sanitario, siamo dell’idea che non si può pensare di abbattere le liste d’attesa trasformando i farmacisti in medici specialisti. Una cosa è considerare le farmacie ‘presidi sanitari’ come prevede la legge altra cosa è fargli gestire la medicina specialistica ‘in convenzione’ trasformando le farmacie in strutture convenzionate. Bisogna dare le giuste risorse a chi professionalmente ne è abilitato ed è pronto a farlo da subito, mentre in numerosi contesti regionali è sottoutilizzato per mera volontà politica”. Ogni riferimento non è puramente casuale.