Nel 2020 in Nord Italia sono stati spesi mediamente 184 euro pro-capite per il welfare, nel Centro 144 euro, mentre la media nazionale è stata di 136 euro. Nell’anno del Covid la Sicilia ha speso invece 85 euro. Sono dati raccolti da Istat nel suo ultimo rapporto sulla spesa dei Comuni per i Servizi sociali, che evidenzia non solo il divario territoriale italiano, ma soprattutto quanto le amministrazioni locali siano fondamentali per i bisogni assistenziali. Questi infatti garantiscono con proprie risorse oltre il 68 per cento delle prestazioni, che nel 2019 è anche cresciuta in Italia del 4,3 per cento, arrivando a 9,7 miliardi di euro. La quota coperta dei servizi sociali ai cittadini offerta dai Comuni è di poco superiore agli 8 miliardi di euro, di cui il 5,1 per cento speso in Sicilia, circa 412 milioni di euro, a cui se ne aggiungono circa 15,5 come contributo della Regione siciliana.

In Sardegna spesa totale più alta che in Sicilia
La spesa media per il welfare in Sicilia, come detto, è molto più bassa rispetto al Nord. Un risultato particolarmente significativo, perché a vincere la sfida del “pro-capite” sono le regioni a statuto speciale. La provincia autonoma di Bolzano arriva a 584 euro, seguita da Trento a quota 334 e dalla Valle D’Aosta a quota 322 euro. Cifre più che triplicate rispetto alla media siciliana anche in Sardegna (286 euro pro-capite) e in Friuli-Venezia Giulia a quota 268 euro. La totalità del Trentino-Alto Adige e la Sardegna sorpassano la Sicilia anche in valori assoluti, con spese per il welfare da parte dei Comuni che arrivano rispettivamente a 493 milioni e a 457 milioni di euro. Spese superiori in valore assoluto si registrano in quasi tutte le Regioni del Nord e del Centro, con il record che appartiene alle due più popolose Lombardia (1,45 miliardi di euro, 145 pro-capite) e Lazio (903 milioni di euro e 157 pro-capite). Dietro la Sicilia sono invece molte delle Regioni del Sud: in Campania i Comuni spendono 74 euro per residente (422 milioni totali), in Abruzzo 71, in Basilicata 57. Record negativo per la Calabria, dove i Comuni spendono solo 28 euro pro-capite in servizi sociali, 53 milioni di euro totali.

Per gli anziani in Sicilia la spesa è più bassa della media
A livello nazionale, i Comuni impiegano circa 3 miliardi al sostegno di famiglie e minori (il 37,5 per cento del totale), circa 2 miliardi, il 35 per cento, per i disabili, 1,25 miliardi per l’assistenza agli anziani (15,6 per cento), 980 milioni per “Immigrati, Rom, Sinti e Caminanti” (4,2 per cento della spesa totale dei Comuni), 430 milioni a servizi vari “multiutenza” (5,3 per cento), e 21,7 milioni, lo 0,3 per cento, alla gestione delle dipendenze. Le cifre, riferisce Istat, sono del tutto paragonabili a quelle del 2019, tranne che per una voce, quella per l’area “povertà” passata da 555 milioni a 983, ovvero un passaggio dal 7,4 al 12,2 per cento della spesa complessiva.
La spesa siciliana si distingue soprattutto per il sostegno a famiglie e minori, una voce che pesa in media il 37,2 per cento nel budget dei Comuni totale (153 milioni), e nella spesa per gli anziani che scende al 9 per cento (37,2 milioni). Più alte della media, il 7,6 per cento, sono invece le spese per “Immigrati, Rom, Sinti e Caminanti” (31,2 milioni), e per la povertà che copre il 13,2 per cento del budget totale (54,5 milioni di euro). Spesa più alta della media anche per quanto riguarda i disabili, 126 ,milioni che rappresentano il 30,2 per cento del totale. Questa spesa è inoltre supportata da un ulteriore contributo della Regione, che nel 2020 dava come ulteriore contributo ai Comuni 14,2 milioni di euro sui 15,5 totali. Il resto (1,38 milioni) è andato a integrare le spese per la voce “Immigrati, Rom, Sinti e Caminanti”.