Sicilia, lo “strascico” che l’Europa vuole vietare vale fino a 134 milioni l’anno

“Da qui al 2030, se le cose non cambieranno, più che essere vietata la pesca a strascico sarà cancellata la pesca siciliana nella sua interezza”. Nino Accetta, presidente regionale di Fedagripesca – federazione di Confcooperative che associa oltre tremila realtà agricole, agroalimentari e della pesca dell’Isola – non usa mezzi termini per commentare il “Marine Action Plan”, un pacchetto di quattro documenti della Commissione europea riguardanti il settore pesca. Inuno di essiBruxelles scrive che la tecnica dello strascico “mette a rischio la sostenibilità della pesca e la disponibilità di pesce a medio e a lungo termine”, e di conseguenza va vietata “in tutte le aree marine protette, al più tardi entro il 2030”. Le aree protette a cui si fa riferimento sono quelle della Rete “Natura 2000”, e la Sicilia è la regione italiana che ne conta di più. Stando agli ultimi dati del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica si tratta di oltre 650 mila ettari, il 17 per cento delle acque siciliane e il 32 per cento delle zone marine protette in Italia. “Vietarci di pescare su un’area così vasta significa dare un colpo definitivo al settore ittico, in un momento in cui la categoria deve affrontare già molti problemi”, osserva Accetta. Leggi anche –Regione, 3,5 milioni per riqualificare i porti e mettere in sicurezza i pescatori Secondo l’ultimorapporto annualesu Pesca e acquacoltura, realizzato dall’Osservatorio sulla pesca del Mediterraneo con il sostegno della Regione, la filiera ittica siciliana è la prima in Italia, con quasi 33 mila tonnellate di pescato all’anno, quasi il 19 per cento del dato nazionale, e un ricavato che supera i 220 milioni di euro, il 25 per cento del totale. Le imprese della pesca sono oltre 2.500, e sono spesso realtà individuali o a conduzione familiare. Importante anche l’indotto, con un centinaio di aziende della trasformazione e migliaia della distribuzione. Quanto alle tecniche utilizzate, la fetta maggiore del pescato siciliano viene proprio dal metodo dello strascico, con 15 mila tonnellate di resa e ricavi per 134 milioni di euro. Seguono la piccola pesca (cinquemila tonnellate, 37 milioni di euro), le reti di circuizione (seimila tonnellate, 22 milioni) i palangari (3.400 tonnellate, 19 milioni) e altri sistemi (tremila tonnellate, nove milioni). Il pescato siciliano, fanno notare dall’Osservatorio, non è sufficiente a coprire la richiesta. Per questo motivo, oltre il 70 per cento del pesce venduto nell’Isola proviene da altre parti d’Italia e del mondo. Leggi anche –Meno sarde, più granchi blu. Le specie aliene dominano la pesca siciliana Il quadro, spiega Accetta, è difficile da molti punti di vista. “L’attacco allo strascico è in corso da tempo. Pensiamo alle diverse limitazioni sulla pesca del gambero di profondità, la riduzione delle giornate di pesca, il fermo obbligatorio. Se aggiungiamo anche il problema deltonno rosso, la situazione è davvero difficile”. Nelle scorse settimane il ministero della Sovranità alimentare ha autorizzato le quote per la piccola pesca costiera. Quasi 300 tonnellate di pescato, da aggiungere a quelle già fissate per il sistema a circuizione, il “palangaro” e la tonnara fissa di Favignana. Il decreto, denuncia però il presidente di Fedagripesca Sicilia, è rimasto lettera morta. “È stato annunciato ma non pubblicato, quindi sembra solo un modo di gettare fumo negli occhi della categoria”. E ancora, c’è il tema della demolizione dei pescherecci. La norma punta a eliminare dal mercato le imbarcazioni più vecchie, riducendo emissioni e sforzo di pesca. “Si attende un decreto, a cui molti aderiranno. Per la Sicilia, dove la pesca è soprattutto tradizione familiare, si rischia di perdere un’eredità molto importante anche sul piano culturale”, conclude Accetta. Leggi anche –Sicurezza dei pescatori nel Canale di Sicilia, Flai: “Problema irrisolto” Se le associazioni di categoria protestano, il governo nazionale e quello regionale promettono battaglia. Il ministro della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida ha chiesto la revisione del Piano in sede europea, e anche l’assessore regionale alla Pesca Luca Sammartino assicura “la ferma opposizione mia e della politica regionale”. L’assessore snocciola alcuni numeri. “Voglio ricordare a Bruxelles che la Sicilia impegna una flotta di 543 pescherecci per la pesca a strascico, pari al 26 per cento della flotta nazionale, che conta oltre il 30 per cento della produzione ittica e un fatturato superiore al 45 per cento dell’intero pescato”. Il comparto “non può essere bersaglio di campagne ideologiche e di provvedimenti poco ragionati”, stabiliti sulla base di “una lunga campagna di disinformazione” che non tiene conto “dei tantissimi fattori che contribuiscono allosquilibrio degli ambientimarini”. L’impegno è di arrivare a una modifica netta del documento. “Tuteleremo questo settore aiutando le imprese a mantenere i livelli di occupazione, cercando di avvicinare i giovani a una attività che ha fatto la storia della Sicilia”, conclude l’assessore.