Sulle stazioni di rifornimento per i veicoli a idrogeno previste dal Pnrr non è stata rispettata la legge. In particolare il Dl 77/2021, convertito in Legge 108/2021, che prevede che “un importo pari ad almeno il 40 per cento delle risorse sia destinato al finanziamento di interventi da realizzare nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia”. A metterlo nero su bianco è il Collegio di controllo concomitante sul Piano nazionale di ripresa e resilienza della Corte dei Conti, in una delibera pubblicata pochi giorni fa. Solo una delle criticità rilevate dai giudici contabili – oltre alle stazioni a idrogeno ci sono anche quelle per la ricarica di auto elettriche, oggetto di un’altra delibera – che parlano di “concreto rischio di riduzione del contributo finanziario” per la quarta rata del Piano. “Si impone un cambio di passo in fatto di investimenti, seguendo una strategia e una visione ben precisa”, ha ammesso il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, intervenendo nei giorni scorsi all’assemblea di Confindustria Sicilia. Ricordando come “il Pnrr e le altre risorse europee siano una opportunità preziosa per dotare la Sicilia di infrastrutture moderne”.
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Mezzogiorno trascurato dal Piano
La Corte dei conti fornisce il dettaglio delle irregolarità riscontrate nella gestione dei fondi. Per quanto riguarda il Sud e le Isole “il totale delle risorse destinate al finanziamento dei progetti ammonta a 13.476.775,73 euro (13 per cento delle risorse complessivamente disponibili, al di sotto dunque della quota pari al 40 per cento)”. Inoltre “solamente sei proposte progettuali risultano localizzate in regioni del Mezzogiorno (una in Abruzzo, una in Calabria, tre in Puglia, una in Sardegna)”, mentre “non risultano proposte progettuali localizzate, tra le regioni del Sud, in Basilicata, Campania, Molise e Sicilia”. Una mancanza che per i magistrati contabili conferma come “l’attività di pianificazione e di monitoraggio, cui è tenuta l’Amministrazione titolare dell’investimento [il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ndr] è risultata deficitaria”. Solo una delle “gravi irregolarità gestionali” denunciate dalla Corte, a cui va aggiunto il mancato raggiungimento della milestone europea, cioè degli obiettivi previsti per l’assegnazione delle risorse.
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A rischio 130 milioni di finanziamenti
Il Piano infatti “prevede risorse per 230 milioni di euro e, quale target, lo sviluppo di almeno 40 stazioni di rifornimento a base di idrogeno 5 per veicoli leggeri e pesanti entro il mese di giugno 2026”. Gli appalti, ricordano i giudici contabili, dovevano essere aggiudicati entro il primo trimestre del 2023. Peccato che al 31 marzo “risultano essere state ammesse a contributo 36 proposte progettuali”, scese ulteriormente il 17 aprile dopo “una istanza di rinuncia al contributo relativo ad una stazione di rifornimento. In termini economici, “a fronte di risorse potenzialmente erogabili pari a 230 milioni di euro, risultano ammesse a contributo proposte progettuali per un totale pari a 101.887.831,50 euro (44 per cento)”. Di conseguenza “l’obiettivo minimo non è stato raggiunto”, motivo per cui la Commissione europea potrebbe decidere “la sospensione del prestito”. A quel punto lo Stato italiano avrebbe due mesi di tempo per presentare le proprie osservazioni, ma nel migliore dei casi potrebbe ottenere soltanto lo sblocco delle risorse per i 35 progetti presentati. Vale a dire 102 milioni di euro su 230 a disposizione, con una perdita di circa 128 milioni.
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Colonnine elettriche, ritardi del Ministero
Come detto, alla delibera della Corte dei conti sulle stazioni a idrogeno se ne affianca un’altra sulle colonnine di ricarica per le auto elettriche. Su questo fronte la milestone europea prevede “l’aggiudicazione di (tutti gli) appalti pubblici per la costruzione di 2.500 stazioni di ricarica rapida per veicoli elettrici in autostrada e almeno 4.000 in zone urbane (tutti i comuni)” entro il 30 giugno 2023. La pubblicazione dell’avviso nazionale per i cofinanziamenti era previsto per il 31 dicembre 2022, ma la scadenza non è stata rispettata dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Una mancanza che di per sé “non costituisce condizione per il pagamento semestrale dei fondi”, ma che per i giudici contabili mette “in serio pericolo” il raggiungimento dell’obiettivo europeo entro il 30 giugno. Il ministero ha comunicato di avere una interlocuzione in corso con la Commissione europea su questo punto, ma per la Corte dei conti si evidenzia comunque “una difettosa programmazione che pone in serio dubbio il raggiungimento della milestone UE”.