Messina, Catania, Siracusa, Agrigento e Trapani sono le tra le città italiane in cui si paga di più la Tari, la tassa sui rifiuti. Si parla di oltre 450 euro l’anno per lo smaltimento dei rifiuti e non sempre il servizio è all’altezza del suo costo. Catania e Messina ad esempio, sono fanalino di coda in regione per quanto riguarda la raccolta differenziata. Secondo un’indagine della Uil, ben cinque città su nove capoluoghi provincia siciliani sono nella classifica delle più care nel Paese. Lo studio compara i costi di 107 città italiane considerando come base di confronto la posizione di una famiglia con quattro componenti che abita in circa 80 metri quadri e ha un reddito Isee di 25 mila euro. La tendenza sottolineata da Uil, per tutto il territorio nazionale, è quella di un aumento del costo del servizio. Negli ultimi cinque anni è salita mediamente del 7,7 per cento, con un grosso balzo in su tra il 2021 e il 2022 in cui si registra un incremento del 3,7 per cento. Sono poche le amministrazioni che sono riuscite a diminuire il prezzo, tra queste quella di Caltanissetta che tra il 2021 e il 2022 ha abbassato la tassa del 26,7 per cento. Trapani è la città in cui scende di più negli ultimi cinque anni.
Le classifiche
La città più cara in Italia è Pisa con 519 euro medi l’anno a famiglia, a Brindisi si versano 518 euro, a Genova 489 euro, a Benevento 481 euro. A Messina si pagano 476 euro, a Catania 475 euro, a Siracusa 472 euro, ad Agrigento 471 euro e a Taranto 459. Tutti costi sopra la media nazionale che è di 324,72 euro annui. La parte bassa della classifica, quella in cui si indicano le città in cui la tassa per il servizio della raccolta dei rifiuti costa meno vede primeggiare Belluno. Qui si pagano 169 euro l’anno a famiglia. Segue Novara con 174 euro poi Ascoli Piceno con 181 euro. A Macerata se ne pagano 182 euro, a Pordenone 186 euro, a Brescia 187 euro, a Trento 189 euro, a Firenze 194 euro, a Vercelli 197 euro e a Udine 204 euro.
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Gli aumenti
Guardando alle percentuali di aumento tra il 2021 e il 2022 è Potenza la città che più di tutte ha aumentato il costo della Tari, più 85,9 per cento. Potenza è anche la città che ha aumentato di più negli ultimi cinque anni (più 69,3 per cento). Tra le città metropolitane è invece Catania con il suo 17,9 per cento quella che ha incrementato di più il costo tra il 2021 e il 2022. La città metropolitana etnea, inoltre, è anche quella che ha aumentato di più tra il 2018 e il 2022: più 39,1 per cento. Subito dopo troviamo Palermo con 17,6 per cento di aumento rispetto allo scorso anno e un più 19,6 negli ultimi anni. Genova è terza per l’aumento da un anno all’altra (17,2 per cento) e seconda nel rapporto quinquennale (37,8 per cento). Quarta in classifica è la città metropolitana di Messina che ha aumentato la tassa del 5,8 per cento tra un anno e l’altro e del 10,9 in cinque anni. Seguono Venezia (3,7) e Cagliari (2,2) che comunque segnano un dato negativo se si guarda al lungo periodo -5,6 per cento per Genova e -12,9 per Cagliari. Milano segna +0,6 nell’ultimo anno ma un -0,1 nel quinquennio di riferimento e Torino +0,4 tra il 2021 e il 2022 e +2,1 tra il 2018 e il 2022.
Dove diminuiscono i costi
Non solo aumenti. Se la Sicilia spicca per gli alti costi, lo fa anche per i bassi prezzi. Trapani è infatti la città dove la bolletta della tari è scesa di più tra il 2018 e il 2022: -30,8 per cento. Seguono Frosinone -23,6, Firenze -18,7, Caltanissetta -15,1, La Spezia -13,5, Cagliari -12,9, Lecco -11,5, Siena -9,8, Cesena -9,7 e Caserta -8,9. “Dai dati scaturiti dallo studio, si evince che non c’è soltanto il tema dal caro bollette elettriche e del gas che pesano sui consumi delle abitazioni, ma anche il tema delle tariffe della raccolta dei rifiuti solidi urbani. Tariffe che pesano sul bilancio delle famiglie, soprattutto nel Mezzogiorno, dal momento che tra le prime dieci città dove la Tari è più alta, otto sono ubicate in quest’area del Paese. Rimane intatto – commenta Ivana Veronese, segretaria confederale Uil – il tema dell’efficienza e dell’efficacia del servizio che ha bisogno di investimenti nelle infrastrutture inerenti al ciclo integrato dei rifiuti. A tal fine – conclude la Segretaria della UIL – vanno accelerati gli investimenti del Pnrr e dei fondi della coesione europei e nazionali che riguardano il ciclo integrato dei rifiuti”.