“I tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati rispettivamente al 4,50, al 4,75 e al 4,00 per cento”: la decisione, comunicata ieri dalla Banca centrale europea (Bce), segna il primo “stop” agli aumenti dei tassi, iniziati nel luglio 2022 con un più 0,50 per cento dopo anni di “tasso zero” come misura di contrasto all’inflazione dovuta al caro energia.
Bce, primo stop ai tassi di interesse
Si tratta, secondo quanto comunicato da Francoforte, di un primo segnale positivo di ritorno alla normalità. Dopo due anni caratterizzati dall’altissima inflazione, giunta nel corso del 2022 a superare il 12 per cento. Valori che non si vedevano, almeno in Italia, dalla metà degli anni ’80. La decisione del Consiglio direttivo della Bce si deve del resto all’attesa “che l’inflazione resti troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato”. Inoltre secondo l’Istituto “perdurano le forti pressioni interne sui prezzi”. Al tempo stesso però “l’inflazione ha registrato un netto calo a settembre”. Per la Bce ciò è “ascrivibile anche ai forti effetti base, e gran parte delle misure dell’inflazione di fondo ha continuato a diminuire”. E per il futuro “il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del due per cento a medio termine”.
Cosa cambia per i cittadini
Il primo “stop” dopo oltre un anno all’aumento dei tassi di interesse, aumentati del resto di 450 punti base in pochi mesi, non ha però conseguenze pratiche nell’immediato per cittadini e imprese. Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, nel 2023 l’aumento dei tassi d’interesse ha generato una fortissima contrazione del settore dei mutui. Si parla di meno 33,3 per cento nel secondo trimestre e meno 29,9 per cento nel primo semestre. Un dato ancora più allarmante se si considera che il confronto è sul 2022, chiuso già con un calo del 20 per cento. Del resto, come sottolineato nelle scorse settimane dal sindacato dei bancari Fabi, l’aumento medio per la “rata” finale di un mutuo prima casa, che oltre al tasso europeo di riferimento contiene all’interno gli spread decisi dagli istituti di credito in base ai parametri di rischio, è stato del 64 per cento. Con il paradosso di avere quindi una Italia spaccata in due. A tassi finali superiori al 6 per cento in molte regioni del Sud, Sicilia compresa, corrispondono tassi di poco superiori al 4 in regioni come l’Emilia-Romagna. E secondo i portali specializzati Facile.it e Mutui.itMa si va però verso un probabile calo nel 2024.