Dalla Fiat alla Blutec fino ai sussidi statali. Lo stabilimento di Termini Imerese e i suoi lavoratori sono passati dai primi anni 2000 dall’essere un fiore all’occhiello dell’economia siciliana e italiana, a uno stabilimento chiuso da ormai undici anni. Da quando il colosso dell’auto di Torino ha lasciato Termini Imerese, nessuno è stato in grado di risollevarne le sorti. Anzi, la situazione è peggiorata sempre più. Tanti i progetti annunciati, tanti i nomi di aziende, anche altisonanti come Amazon, che avrebbero dovuto investire in questa parte della Sicilia. Ad oggi però rimane una gestione commissariale, un procedimento giudiziario in corso nei confronti degli ex vertici Blutec per malversazione ai danni dello Stato e circa mille lavoratori, tra diretti e indotto, che vivono di ammortizzatori sociali. “Una situazione assurda che speriamo trovi una soluzione entro l’anno prossimo, quando scadrà la cassa integrazione. Il tempo è poco però e le incertezze tante”, afferma Angelo Mazzeo, segretario regionale Ugl Metalmeccanici a FocuSicilia.
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Il caso Blutec
“La Blutec è una non azienda perché non ha mai prodotto nulla all’interno del polo di Termini Imerese”, sostiene Mazzeo. La speranza, all’arrivo di Blutec, era di poter ricominciare a lavorare. Si dovevano produrre mezzi elettrici, ma non è andata così. “Dei 21 milioni di euro che furono dati da Invitalia a Roberto Ginatta, l’amministratore delegato di Blutec, 14 furono distratti per altro uso per questo fu arrestato. Le speranze si spensero e da lì iniziò il lungo calvario”, dice il segretario Ugl. Da quel momento tutto è gestito da tre commissari nominati dallo Stato “che comunque fanno un buon lavoro” secondo Mazzeo, perché “attraverso degli accordi di programma cercano degli investitori, principalmente proprio nel settore dell’auto perché i lavoratori si sono formati per quello”.
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Tanti progetti nessuna concretezza
Oltre al settore delle auto si è anche cercato altro, ma nulla è diventato reale e oggi “siamo in una fase di stallo preoccupante”, afferma ancora Mazzeo. Eppure i soldi ci sarebbero, almeno per la prima fase di avvio. La Regione e lo Stato mettono sul piatto 240 milioni. Si tratta di fondi del vecchio accordo di programma per Termini Imerese: 150 messi a disposizione dal Mise e 90 dalla Regione Siciliana. Soldi che servirebbero soprattutto a rimettere in piedi lo stabilimento in abbandono da un decennio, adattandolo alle esigenze di produzione. Quello che è mancato davvero sono basi solide per i progetti presentati. “Devono poggiarsi su un piano economico non indifferente e devono avere un piano industriale a lungo termine”, spiega Mazzeo. Oggi si parla di circa otto nuove proposte per Termini Imerese ma come conferma Mazzeo a FocuSicilia non ne se sa nulla. “Speriamo di essere coinvolti al più presto”, auspica il sindacalista.
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I lavoratori
I lavoratori in balia degli eventi legati allo stabilimento di Termini Imerese sono circa mille. La maggior parte è composta da ex dipendenti diretti mentre il resto, circa 300, sono dell’indotto. Tutti sono inseriti nel bacino dell’area di crisi complessa, ma con significative differenze. Se i primi usufruiscono della cassa integrazione guadagni, prorogata ormai da 11 anni, i secondi vanno avanti con la mobilità in deroga, rinnovata di anno in anno.Ovvero circa 900 euro al mese per i primi, circa la metà ai secondi. “Una beffa” la definisce Angelo Mazzeo, “perché i lavoratori subiscono una legge di circa 30 anni fa che stabilisce una decurtazione di circa il 50 per cento per la mobilità in deroga”. A nulla sono servite le richieste di un decreto attuativo che superasse questo problema “eppure sono circa 20 mila i lavoratori in tutta Italia che subiscono questo trattamento”, spiega Mazzeo. Al momento, per i lavoratori siciliani di Termini Imerese, il governo regionale ha stanziato 30 milioni di euro nell’ultima finanziaria. Servirebbero come “accompagnamento verso la pensione, ma ancora non si capisce quali sono le modalità per essere erogati”, aggiunge Angelo Mazzeo. Non solo. “Si attende dall’Inps il riconoscimento di lavoro usurante così che in circa 200 potranno andare in pensione subito”.