Terre rare, energia, turismo: le miniere rinascono (ma l’amianto le minaccia)

Terre rare, energia, turismo: le miniere rinascono (ma l’amianto le minaccia)

NelPiano regionale amianto del 2020sono indicate come “siti per impianti di smaltimento finale” del pericoloso materiale, ma leminiere della Siciliapotrebbero esserepreziose per il futuro,dalla ricerca di materie prime critiche all’energia, fino al turismo. Sul primo fronte si aspettano ledecisioni del Governo nazionale,con il ministro delle ImpreseAdolfo Ursoche annuncia a breve “un decreto legge che ci consenta di riaprire le miniere e, di conseguenza, di estrarre dal sottosuololitio, cobalto, rame, argento, nichel, terre rare e manganese“. Materie critiche di cui l’industria italiana ed europea hanno bisogno, appunto. Sugli altri fronti, invece, qualcosa si muove già. Per quanto riguarda l’energia, laLegge 199/2021indica “cave e miniere non in funzione” tra le aree in cui è possibile installare ipannelli fotovoltaici senza vincoli.Una possibilità chealcuni osservatoriinvitano a sfruttare per trasformare le miniere della Sicilia in parchi solari. Quanto al turismo, già alcune miniere siciliane sono stateaperte al pubblico. Leggi anche –Marmo siciliano, il 75 per cento della produzione è destinato all’export Secondo uno studio di Ispra,la Sicilia è stata laregione con più miniere in Italia,ben 763, su un totale di oltre tremila. Seguivano a distanzaSardegna(441 miniere),Toscana(413) ePiemonte(381). Le regioni italiane meno fornite erano invece Molise (cinque),Basilicata(sette) ePuglia(20). Le miniere attive, in Sicilia come nel resto del Paese, sono oggi molte meno. Dallaseconda metà del Novecento,ricordano i tecnici, c’è stata “una costante diminuzione, prima lenta, poi,a partire dalla seconda metà degli anni ’60del secolo scorso, sempre più veloce, fino allo stato attuale in cui sopravvivono solo 92 concessioni attive, prevalentemente diminerali ceramici e industriali(54 siti) emarna da cemento“. Il documento scende nel dettaglio dei materiali estratti. In Sicilia, com’è noto,uno dei business principali è stato lo zolfo(661 miniere). In misura minore venivano recuperati anche altri materiali,metalliferi(cinque),ceramici(sei),marna(tre),fossili e bitumi(32) esalgemma(56). Del tutto assenti, invece,barite e fluorite, talco, amianto e grafite, oro. Leggi anche –Marmo siciliano, tavolo di Sicindustria Trapani per rilanciare il settore Come spiegato daFocuSiciliain un precedente approfondimento,oggi le miniere attive nell’Isola sono soltanto tre ed estraggono tuttesalgemma.Per quelle in disuso esistono molte destinazioni alternative. Come detto, ilPiano regionale amiantoindica alcune miniere – in particolare quelle diEnna, San Cataldo nel Messinese e Milena nel nisseno– comeluoghi di smaltimento.La ragione è messa nero su bianco nel documento. Le miniere ospitano già “capannoni e altri fabbricati concoperture in cemento amianto,ormai in pessimo stato, che per la loro grande estensionerenderebbero antieconomico lo smaltimentoin siti molto lontani”. Da qui, e dal fatto che le cave sono “abbastanza lontane dai centri abitati”, l’idea di utilizzarle per degliimpianti di trattamento.Un’idea contro la quale si è scagliata a suo tempo laCisl di Agrigento, Enna e Caltanissetta,che nel 2021 ha contestato “la scelta di puntare a stoccare rifiuti tossici nelle miniere siciliane, unascorciatoia che non porta a nullae che sopprime reali possibilità di sviluppo”. Leggi anche –Miniere in Sicilia, Cisl: “No a centri per l’amianto, ma opportunità” Isiti inseriti nel Piano regionale,secondo il sindacato, avrebbero invece “le caratteristiche per essere riconvertiti aluoghi di sperimentazione nei settori della produzione energetica“, puntando in particolare sullefonti rinnovabili,così da diventare “parchi solari ed al contempo vere e proprie attrazioni”. Una strada che in altre nazioni è già una realtà.Secondo l’azienda energetica Edisonmolti siti minerari dismessi in tutto il mondo “si preparano a vivere – o stanno già vivendo – una seconda vita, questa volta all’insegna delle rinnovabili”. L’azienda cita diversi esempi. A partire dal Kentucky, negliStati Uniti,dove “una miniera di carbone diventeràil più grande parco solare del paese“. O del Queensland, inAustralia,dove “una miniera d’oro sarà al servizio dell’energia rinnovabile”. Senza dimenticare laGermania,“dove una miniera di lignite è uno dei parchi fotovoltaici più estesi al mondo”. Quanto all’utilizzo delle miniere dismessein chiave turistica, è giàuna realtà in molte parti d’Italia.Compresa la stessa Sicilia. Leggi anche –Gli architetti studiano il futuro delle cave di marmo nel trapanese A darne conto èRemi, Rete nazionale dei parchi e musei minerari,nata nel 2015 con l’obiettivo di “valorizzare il patrimonio minerario dismesso,proponendo soluzioni anche al problema normativo della messa in sicurezza, riconversione e valorizzazione dei siti”. In Sicilia sono cinque quelli inseriti nella Rete. Nell’agrigentino, laMiniera-museo di Cozzo Disi a Castelterminie ilParco minerario delle zolfare di Comitini.Nel nisseno, il Parco minerario di Gabarra a San Cataldo. Nell’ennese, l’Ente parco minerario Floristella Grottacalda,tra Piazza Armerina e Valguarnera Caropepe. A essi si aggiunge ilMuseo delle zolfare di Trabia Tallaritaa Riesi, ancora nel nisseno. Per il futuro, altri siti potrebbero aggiungersi. Il numero diex miniere e cave aderentia Remi è passato da 40 nel 2015 a 75 nel 2023. Quanto agli enti sottoscrittori, alla fondazione della Rete erano 19, mentre oggi sono 55. Segno chesempre più amministrazioniconsiderano le miniere, scrive Remi, “una grande opportunità erisorsa dal punto di vista economico e culturaleper il Paese”.