Cresce il saldo tra le imprese siciliane iscritte alle Camere di commercio e quelle cancellate. Nel 2020 nell’isola sono nate 22.309 aziende, contro 18.673 che hanno chiuso le saracinesche. Il computo finale è positivo per 3.636 attività, lo 0,78 per cento in più rispetto al 2019. I dati sono contenuti nell’ultimo rapporto di Unioncamere/Infocamere. A livello nazionale, nell’anno segnato dalla pandemia da Covid-19, le imprese nate sono state 292.308, mentre 272.992 hanno chiuso. Il saldo fa segnare un incremento di 19.316 imprese, lo 0,32 per cento in più rispetto all’anno precedente. L’andamento demografico dell’imprenditoria italiana, annota l’ente, “è apparso caratterizzato da una diffusa incertezza sull’evoluzione della pandemia”.
Gli effetti della crisi
I dati, si dice chiaramente nel rapporto, vanno presi con le pinze. Normalmente le cancellazioni di attività dal registro delle imprese si concentrano nei primi tre mesi dell’anno, “ed è in questo periodo che si attendono le maggiori ripercussioni della crisi dovuta alla pandemia”. Inoltre, molte comunicazioni di chiusura dell’attività pervenute al registro delle imprese negli ultimi giorni del 2020 “verranno statisticamente conteggiate nel nuovo anno”. In altre parole, il grosso della crisi sarà percepito nei dati del 2021. Se il dato nazionale resta positivo, seppur di pochi decimali, è comunque il più basso degli ultimi sette anni. Per trovare un indice di crescita minore bisogna tornare al 2013, quando il saldo tra imprese nate e chiuse si fermò allo 0,21 per cento.
Il Nord-est perde di più
Il quadro si fa eterogeneo guardando alle singole regioni. Come accennato, la Sicilia registra una crescita delle imprese dello 0,78 per cento. A mostrare il dato peggiore sono il Friuli Venezia Giulia e le Marche, con un tasso negativo dello 0,58 per cento. Male anche l’Emila Romagna (meno 0,49 per cento) e il Molise (meno 0,40 per cento). A registrare la crescita più consistente la Campania, con un incremento dell’1,09 per cento. Bene anche il Lazio (1,03 per cento), la Sardegna (0,91 per cento) e la Puglia (0,80 per cento). Considerando le aree geografiche, il Nord-ovest guadagna 1.479 imprese, in crescita dello 0,09 per cento. Il Nord-est ne perde 4.200, meno 0,37 per cento. Il Centro Italia conta 5.663 imprese in più (0,42 per cento), mentre il Sud Italia 16.374 (0,80 per cento).
A Catania più imprese nuove
Scendendo nel dettaglio delle province siciliane, a guidare sono le tre città metropolitane. Catania segna 920 imprese in più rispetto al 2019 (0,89 per cento), Palermo 651 (0,66 per cento), Messina 610 (0,98 per cento). Alle loro spalle la provincia di Ragusa, che con un saldo positivo di 408 imprese segna l’aumento percentuale più alto, più 1,10 per cento. Conquista 395 imprese Agrigento (0,98 per cento), mentre Trapani 392 (0,83 per cento). Siracusa segna 242 imprese in più (0,62 per cento), mentre Caltanissetta si ferma a 54 (0,21 per cento). Saldo negativo per la provincia di Enna, che perde 36 imprese segnando un meno 0,24 per cento. In generale, secondo lo studio di Unimprese/Infocamere, in Sicilia crescono maggiormente le imprese di capitale, 3,29 per cento, mentre calano le imprese di persone, meno 0,96 per cento. Si registra un lieve aumento delle ditte individuali, 0,14 per cento.
La crisi delle cooperative
L’impatto della pandemia da Covid‐19 sulla natalità imprenditoriale trova riflesso in una significativa diminuzione delle nuove iscrizioni di cooperative all’albo delle società cooperative tenuto dal ministero dello Sviluppo economico. La Sicilia perde il 18 per cento di nuove cooperative rispetto al 2019. In particolare Messina ha un calo di poco più del due per cento, Palermo del 9,5 per cento, Catania del 24,8 per cento. Il Mezzogiorno, nel suo complesso, si conferma l’area territoriale caratterizzata dalla più elevata natalità cooperativa. Oltre il 53 per cento delle cooperative di prima iscrizione all’albo nazionale è localizzata al Sud. Nel 2019, la quota di cooperative con sede legale nelle regioni meridionali si attestava al 50 per cento.