Truffe milionarie al mercato ortofrutticolo di Vittoria. Insoluti per tre milioni di euro nel corso dell’anno 2022 rischiano di fiaccare e di mettere in forte crisi l’ortomercato di contrada Fanello, ad oggi la più grande struttura di riferimento per la commercializzazione dell’ortofrutta, come “mercato alla produzione”. Le truffe sono state denunciate alla Procura della Repubblica e sono in corso delle indagini. L’ultima, la più clamorosa, è quella per 700 milioni di euro che avrebbe riguardato ben 19 commissionari o titolari di box. Nell’arco del 2022 gli ammanchi complessivi sarebbero di circa tre milioni di euro. Non si tratta solo di truffe: vi sono anche le operazioni in perdita di ditte che chiudono improvvisamente, in alcuni casi anche per il decesso del titolare. Ma questi casi sono una parte residuale. Il meccanismo con cui avvengono queste truffe è semplice e dura da anni. Alcune aziende cominciano ad operare all’interno dell’ortomercato, si accreditano con un buon andamento del rapporto commerciale. I primi pagamenti avvengono senza problemi e si instaura un rapporto di fiducia che consente le prime dilazioni di pagamento. Poi, all’improvviso, l’acquirente scompare e le somme dovute rimangono non pagate. Nel tempo, questi ammanchi si sono verificati molto spesso, ma finora non si è riusciti a porre rimedio.
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Il bancomat delle agromafie
“Le truffe nel settore del commercio dell’ortofrutta sono una vera piaga”, spiega Giuseppe Zarba, presidente dell’associazione dei concessionari vittoriesi. “I mercati ortofrutticoli sono diventati una sorta di bancomat delle agromafie. Lo confermano anche i dati del rapporto annuale Eurispes. Oggi, se si vogliono fare soldi in maniera illegale, i mercati sono una possibilità. Una rapina in banca porta con se molti più rischi e non garantisce gli stessi proventi. Nei mercati ortofrutticoli, invece, si riesce più facilmente”. A favorire le frodi è anche il fatto che nei mercati ortofrutticoli si vende merce deperibile. La merce dev’essere venduta quasi subito, poco dopo la raccolta, altrimenti rischia di andare perduta. Questo costringe i venditori a correre qualche rischio in più. Le ditte che frodano sono quasi tutte italiane e hanno sede sia in Sicilia che nelle altre regioni italiane. Vi sono delle ditte che hanno sede nelle regioni del Nord, ma la maggior parte di coloro che vi operano e che hanno rapporti commerciali con il mercato di Vittoria sono meridionali. Il problema è sotto i riflettori da molto tempo e per questo era stato elaborato il “Progetto CE.DI.SCO”, in collaborazione con l’Università di Catania. Da questa prima ipotesi, è scaturito il cosiddetto “CE.DI.SCO light”, elaborato dallo stesso Zarba e dal dirigente del settore Sviluppo Economico del comune di Vittoria, Alessandro Basile.
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La strategia contro il malaffare
Il Cedisco Light prevede la realizzazione di “un elenco unico, costantemente aggiornato, di tutte le ditte acquirenti presso la struttura mercatale ipparina; la realizzazione di un elenco di tutti i procacciatori d’affari atipici che ruotano intorno al Mercato, attraverso il reperimento di tutti i mandati e i contratti, da loro sottoscritti, con le ditte mandatarie; il monitoraggio di tutte le ditte acquirenti attraverso visure camerali e interdittive antimafia, queste ultime, già oggi, obbligatorie per poter accedere alla struttura; il monitoraggio dello stato del debito e la sua età”. Si dovrebbe poi creare un’anagrafica clienti unica per tutti i concessionari. Tutti dovrebbero fornire al Comune (o alla società Vittoria Mercati) l’elenco dei propri archivi acquirenti e dei procacciatori d’affari Essa sarebbe gestita direttamente dal comune. Ogni mancato pagamento, alla scadenza dei 30 giorni previsti dalla normativa, verrebbe segnalato e porterebbe, in maniera automatica, alla interdizione di quella ditta o operatore economico da successive transazioni commerciali. In una parola: chi non ha saldato i suoi debiti, chi non ha pagato la merce acquistata, non potrebbe più effettuare nessun acquisto nel mercato vittoriese. Il suo nome verrebbe bloccato nell’anagrafica e il commissionario, anche volendo, non potrebbe più vendergli la merce.
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I ritardi e le carenze della politica
Il progetto, presentato più di un anno fa, per ora non è stato ancora attuato. Serve la volontà politica o probabilmente non si sono ancora smussati tutti gli angoli e non si sono risolti tutti i nodi che potrebbero ostacolarlo. “Noi crediamo sia un provvedimento necessario”, spiega Zarba, “speriamo esso possa essere recepito e condiviso e che si possa dare presto attuazione. Il danno economico subito dalla struttura è molto alto. È necessario porre rimedio”.