Etna, continue esplosioni. Ecco cosa succede al vulcano più grande d’Europa

Il vulcano siciliano, il più grande d’Europa, da diversi mesi è in stato di attività permanente con esplosioni e altri fenomeni ai crateri sommitali. Ne abbiamo parlato con il vulcanologo dell’Ingv Osservatorio Etneo di Catania Boris Behncke. L’Etna, dice Behncke, “si sta ricordando di essere tra i vulcani più attivi al mondo, forse in questo momento è addirittura il più attivo al mondo. Ma non è una novità: anche in passato abbiamo visto attività persistente durata anni e anni”. E se nel secolo scorso si diceva che l’Etna è un vulcano effusivo, adesso bisogna dire che negli ultimi decenni ha avuto tante fasi esplosive, e i crateri oggi sono molti, anche se solo fino al 1911 in cima c’era solo il cratere centrale. Conferma il vulcanologo: “Nel 1911 è nato il cratere di nord est, poi il centrale si è diviso in Voragine e Bocca nuova, poi nel 1971 si è formato il sud est, e ancora dopo, negli anni più recenti, è nato il nuovo cratere, che abbiamo chiamato nuovo cratere di sud est. Adesso ci sono tante nuove bocche, ma l’attività sommitale non è pericolosa. Ma da dove arriva Boris Behncke? “Vengo dall’ ovest della Germania, da Francoforte. Ho vissuto a lungo a Colonia che per certi versi somiglia a Catania, anche perché ci sono tanti siciliani. Da bambino mi interessavano i vulcani, ho capito che c’era l’Etna non lontanissimo e attivissimo. Sono arrivato qui circa 30 anni fa, e il vulcano subito mi ha mostrato tanti fenomeni, come esplosioni, fontane di lava eccetera. Poi qui si mangia bene, c’è tanto sole e insomma mi sono trovato bene”. Leggi anche –Etna, a spasso tra regine, neviere, ladroni e miracoli Si può ipotizzare una possibile evoluzione dell’attività in corso? “Statisticamente sappiamo che ogni tanto, passati un certo numero di anni, sull’Etna si verificano eruzioni laterali. L’ultima è stata nel dicembre 2018, quando ha provocato anche terremoti, ma abbiamo visto che è stato solo un tentativo, e che probabilmente a un certo punto cercherà di rifarla. Non è al momento prevedibile, ma sappiamo che l’Etna si sta ricaricando, e l’ultima volta che ha minacciato un centro abitato, Zafferana, è stato nel 1992. Addirittura nel 1981 si stava evacuando il paese di Randazzo, che fu risparmiato per un pelo. Il problema è che man mano si perde la memoria di eventi così importanti e anche pericolosi. Certo, si perde memoria ma ormai il monitoraggio dell’Etna è molto più accurato e anche la protezione civile è attrezzata per affrontare certe emergenze. Conferma Behncke: “Etna e Stromboli sono tra i vulcani più monitorati al mondo, sull’Etna abbiamo circa duecento strumenti che ci danno indicazioni su tantissimi parametri, quindi quando ci sarà una nuova eruzione sicuramente vedremo i segnali e la comunicheremo subito. Abbiamo anche aumentato la frequenza degli incontri tra ricercatori e scienziati in cui si discute dello stato dei vulcani siciliani. Ma, cosa molto importante, anche gli incontri con i cittadini e con le scuole per fare cultura della prevenzione”. Facciamo una distinzione tra rischio sismico, che ha qualcosa a che fare con l’Etna, ma veramente poco, e rischio vulcanico. È vero, dice Boris Behncke, “il rischio sismico in Sicilia orientale è indipendente dall’Etna, tranne che in alcune aree, perché ci sono grandi faglie che provocano grandi terremoti. Per questo è importante la prevenzione: costruire edifici antisismici o ristrutturare e rendere antisismiche le case che non lo sono. Anche i comportamenti individuali sono importanti. E poi c’è il problema della munnizza… bisogna capire che le sciare e i boschi sono casa nostra, che poi i rifiuti tornano indietro. Ci sono sostanze nocive che tornano nella catena alimentare e nei cibi che mangiamo o nell’acqua che beviamo”.