Come hanno scritto in tanti, si è chiusa un’epoca, si è concluso un periodo politico durato quasi trent’anni. La morte di Berlusconi pone la parola fine sulla cosiddetta “seconda” Repubblica e ci lascia un Paese trasformato dalla sua “tracotanza” politica, dal suo ego smisurato. Silvio Berlusconi è stato tante cose nella sua vita – ricordate la campagna di comunicazione: “Un presidente operaio per cambiare l’Italia”, oppure, “Un presidente innovatore per ammodernare il Paese” – ma oltre alla politica è stato un grande imprenditore, un uomo che ha segnato (nel bene e nel male) la cultura e la società italiana. Un uomo protagonista e mattatore del suo tempo, un unicum, un tycoon, in una lunga vita piena di tanti tempi diversi, impegnato a rivestire tanti ruoli.
Il centrodestra, la sua creatura politica
Se volessimo guardare, SOTTOSOPRA, all’uomo politico (considerando solo questi ultimi tre decenni), potremmo affermare con forza che Berlusconi ha creato un popolo (dividendo il Paese), di centrodestra, che ha creduto fortemente in lui, plasmandolo, e a volte scambiandolo per l’uomo della provvidenza. Sì, proprio il centrodestra è la sua creatura politicamente più importante. Comprese, tra il 1993 e il 1994, che la fine della Dc e del Caf (l’alleanza tra Bettino Craxi, Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani) e l’arrivo di Tangentopoli, avrebbero aperto uno spazio politico enorme (spinto anche dalla difesa delle sue aziende) dando la possibilità di sdoganare la destra post-fascista per inserirla (prima volta assoluta) in area di governo.
L’idea del premierato
Creò, così, un’alleanza che sembrava eterogenea, sottovalutata dalla sinistra di Achille Occhietto: al Centro-Nord il Polo delle libertà con la Lega secessionista di Umberto Bossi e al Centro-Sud il Polo del buon governo con gli ex-missini di Gianfranco Fini, schieramento che gli permise di vincere le elezioni del ’94. Comprese perfettamente i meccanismi della nuova legge elettorale, il Mattarellum; instillò nel Paese l’idea non costituzionale di premierato, che da lì in poi avrebbe incarnato ad ogni tornata elettorale. Fu presidente del Consiglio per quattro volte. Oltre alle elezioni del ’94, vinse altre due volte: nel 2001 e nel 2008.
Luci e paillettes
Berlusconi rappresentava la politica che diventa spettacolo, che creava un rapporto diretto con il popolo, senza intermediazioni; un populismo tutto italiano con luci, paillettes, effetti televisivi, che dettava i tempi della politica e costringeva i suoi avversari ad inseguirlo su un terreno a loro sconosciuto. Avendo inventato la televisione commerciale nazionale, possedeva una padronanza del mezzo televisivo unica, che sapeva utilizzare come nessun altro politico sulla scena del tempo.
Conflitto d’interessi
Sì, aveva tanti peccati originali: essere un imprenditore ‘spregiudicato’, avere tanti rapporti poco ‘trasparenti’, essere stato figlio della ‘prima’ Repubblica con cui intratteneva legami di interesse. Ma il suo più grande fardello, che si portava addosso, era proprio il conflitto di interessi; un conflitto enorme, che lo costringeva ad essere politicamente in posizione sempre ambigua, incarnando la figura del controllore e del controllato, condizione che non gli avrebbe mai permesso di compiere, realmente, la sua annunciata ‘rivoluzione’ liberale.
Si conclude un’era
Va riconosciuto però, a Silvio Berlusconi, l’essere stato un uomo innovativo, forse anche grazie alla sua forza economica e mediatica, l’aver cambiato il volto della politica italiana ingessato da figure statiche e invecchiate; è stato sicuramente il leader politico, italiano ed europeo, più longevo degli ultimi decenni. Si conclude un’era e Berlusconi non lascia eredi politici diretti. Tutti gli aspiranti delfini si sono inabissati nel tempo. Tuttavia, egli lascia uno spazio politico, nel centrodestra, difficilmente colmabile, che potrebbe sbilanciare la coalizione a destra, con effetti ancora da decifrare. La sua creatura, Forza Italia, con la sua dipartita rischia di sparire, diventando una bandiera sbiadita e sarà difficile comprendere a chi rimarrà la sua eredità politica. Ancora più difficile sarà colmare la sua assenza.