Cambiamento climatico, 90 miliardi di costi in 40 anni. Il Piano del Ministero
Letemperature fuori stagioneche molti stanno riscontrando a gennaio, soprattutto nel Mezzogiorno e in Sicilia, non sono casuali: si tratta deglieffetti del cambiamento climatico, che in Italia è costato “tra i 74 e i 90 miliardi di euronegli ultimi 40 anni, tra i 1.500 e i duemila euro pro capite”. Numeri che segnano “un tristeprimato nell’Unione europea“, e che senza un cambio di rotta “sono destinati ad aumentare nei prossimi decenni”. A scriverlo è il ministero dell’Ambiente, nelPiano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc)approvato a dicembre 2023. Per invertire la rotta servono soldi. I tecnici parlano di “risorse per mitigare gli impatti negativi sulle comunitàche subiscono gli eventi estremi”, ma anche di “incentivi fiscali per sistemi di produzione innovativi,sostenibili e a impatto climalterante ridotto”. I fondi non mancano, a partire dal Pnrr. Nel Piano si ricorda come “il 37,5 per cento delle risorse, pari a 71,7 miliardi, devesostenere gli obiettivi climatici“. Le procedure, però, sono lunghe e complesse. Leggi anche –Cambiamento climatico, l’appello degli scienziati. “Non chiamatelo maltempo” Lo stesso Pnacc, benché si limiti a offrire “unquadro di indirizzo per ridurre al minimo irischi dei cambiamenti climatici“, ha avuto tempi di approvazione molto lunghi. L’iter infatti è partito nel lontano 2018, sotto il governo Gentiloni. Delle 361 azioni messe nero su bianco nel documento, la maggior parte sono “di tiponon strutturale” (274, 76 per cento), si concentrano cioè sulpiano burocratico e amministrativo.Il resto punta apromuovere “un approccio green”(46, 13 per cento) e in misura minore “azioni infrastrutturali e tecnologiche” (41, 11 per cento). Per avere tempi e costi certi occorrerà attendere ancora. Il Pnacc infatti chiarisce che “lefonti normativee le possibilifonti di finanziamentosaranno oggetto di aggiornamento nell’ambito delle attività svolte dall’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici“. Quest’ultimo dovrà essere istituito “entro tre mesi daldecreto ministeriale di approvazione del Pnacc“. Leggi anche –Clima pazzo, agricoltura stravolta. Dai mini-limoni all’uva di montagna Se sul piano pratico è tutto rimandato, il documento contiene molti dati sullasituazione ambientale del Paese. I tecnici ricordano anzitutto come l’Italia sia per natura “vulnerabile ai cambiamenti climatici“. Ciò dipende dal territorio, soggetto a “fenomeni di dissesto, alluvioni, erosione delle coste, carenza idrica“. Una fragilità che si aggrava “con l’aumento delle temperature e l’intensificarsi di eventi estremi(siccità, ondate di caldo, venti, piogge intense)”. Il Piano fornisce i dettagli regionali. Per la Sicilia sono molti ifattori di preoccupazione, apartire dalle temperature. “Nel 2021 a fine luglio ha fatto registrareoltre 40°C,con unmassimo termico di 48.8 °Crilevato a Siracusa l’11 agosto.Un nuovo recordconfermato dall’Organizzazione meteorologica mondiale”. Strettamente legato al clima, l’aumento del livello del mare.“Le variazioni attese nel periodo 2036-2065 sono pari a circa 16 cm nell’Adriatico,17 cm nelloIonioe nelcanale di Sicilia.Mentre nei mariTirreno, Liguree nelMediterraneo occidentalearrivano ai 19 cm”. Leggi anche –Cambiamento climatico, l’appello degli scienziati. “Non chiamatelo maltempo” E ancora, la Sicilia è tra le regioni “con il maggior numero di chilometri dicosta in arretramento“, e secondo le stime potrebbe subire nei prossimi anni “una retrocessione di circa 17 metri”. A preoccupare, inoltre, è ildegrado del suolo,cioè “la riduzione della capacità produttiva biologica”, un problema “indissolubilmente legato alla perdita di biodiversità e agliimpatti dei cambiamenti climatici“. Secondo il Ministero l’Isola è “la regione con la superficie degradata maggiore in termini assoluti con 1,87 milioni di ettari, di poco superiore al Piemonte (1,82 milioni di ettari)”. In termini percentuali dominano invece “Sardegna(28,1 per cento),Emilia-Romagna(23,5 per cento) eCampania(20,8 per cento)”. A proposito di suolo, inSicilia, come anche inSardegna, Valle d’Aosta e Puglia, “sono presenti mediamente isuoli più poveri di carboniocon le aree agricole (vigneti, frutteti e oliveti) penalizzate da un punto di vista di carbonio stoccato”. Leggi anche –Clima pazzo: un evento estremo ogni nove giorni, più pioggia e caldo Una situazione allarmante, che per le associazioni ambientaliste richiederisposte in tempi rapidi.Non come avvenuto con il Pnacc,sottolinea Legambiente, “approvato dopo sei lunghi anni dalla prima bozza e dopo ben quattro governi”. Adesso però occorre “stanziare lerisorse economiche necessariee oggi ancora assenti, non previste neanche nell’ultima legge di bilancio, altrimenti il rischio è che il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climaticiresti solo sulla carta“. Il documento, inoltre, dovrebbe essere affiancato da altri strumenti. “Sarà importante approvare un Pniec,Piano nazionale integrato energia e clima, con obiettivi più ambiziosi di produzione di energia rinnovabile e di riduzione di gas climalteranti al 2030″. Infine Legambiente chiede “unalegge sullo stop al consumo di suolo,che ancora manca all’appello dopo oltre 11 anni dall’inizio del primo iter legislativo, semplificando anche lademolizione e ricostruzione degli edifici esistenti“.