La Sicilia migliora leggermente le performance sulla differenziata, superando di alcuni decimali il 40 per cento. È quanto emerge dall’analisi dei dati sulla raccolta dei rifiuti pubblicati sul sito della Regione siciliana. Il report, aggiornato a giugno 2020, fissa al 40,3 per cento la quota di differenziata raggiunta in media nei 390 Comuni dell’isola. Nel 2019, secondo i dati Ispra (Istituto superiore protezione e ricerca ambientale), la percentuale era stata del 38,5 per cento. Un piccolo miglioramento, appunto, comunque insufficiente per raggiungere gli obbiettivi fissati dalla legge nazionale del 2006, del 65 per cento.
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La situazione delle province
Nel dettaglio, la provincia più “virtuosa” sul fronte dei rifiuti è Trapani. Nei primi sei mesi dell’anno scorso ha prodotto 51 mila tonnellate di differenziata, quasi il 63 per cento del totale dei rifiuti raccolti nella provincia. Medaglia d’argento per Ragusa, con 39 mila tonnellate di differenziata, il 62 per cento del totale. Al terzo posto troviamo Enna, che con 13 mila tonnellate raggiunge il 54 per cento. Fuori dal podio le province di Caltanissetta, che differenzia 26 mila tonnellate (poco più del 53 per cento del totale), Agrigento con 44 mila tonnellate (51 per cento) e Siracusa con 37 mila tonnellate (45 per cento). Chiudono la classifica le tre Città metropolitane: Messina (44 mila tonnellate, il 36 per cento del totale), Catania (82 mila tonnellate, 34 per cento) e Palermo (74 mila tonnellate, 28 per cento).
I dati di Palermo, Catania e Messina
Se dalle province si passa alle singole città, il quadro non cambia. Scorrendo le tabelle pubblicate dalla Regione, si nota che a gravare sui risultati sono proprio le tre “metropoli” siciliane. Palermo, Catania e Messina non superano il 30 per cento di raccolta differenziata. FocuSicilia ha provato, ma senza successo a chiedere al capo del Dipartimento regionale alle Acque e ai Rifiuti, Calogero Foti, un commento sui dati della raccolta differenziata, e in particolare sulle cattive performance delle tre grandi città. La peggiore è Catania, che nel 2020 si ferma all’8,6 per cento, contro il 14,5 per cento del 2019. Segue la città di Palermo, che nel 2020 supera di poco il 15 per cento, contro il 17 raggiunto nel 2019. Fa meglio, pur rimanendo ampiamente sotto la soglia che determina i Comuni virtuosi, la città dello Stretto, che raggiunge il 28 per cento di differenziata nel 2020. Il dato è migliore rispetto a quello registrato da Ispra nel 2019, che sfiorava il 19 per cento. E per il 2021 dovrebbe ulteriormente migliorare: ieri, infatti, è stata completata la rimozione di tutti i cassonetti della città, operazione iniziata lo scorso 20 aprile. Da ora in poi, a Messina, solo differenziata porta a porta.
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Il “caso” di Catania
Proprio il capoluogo etneo è al centro di un piccolo “caso” relativo alla trasmissione dei dati. Secondo l’assessore all’Energia del Comune di Catania Fabio Cantarella, infatti, la percentuale pubblicata sul sito della Regione sarebbe sbagliata. “Quei dati sono fermi al 2018. C’è un provvedimento disciplinare in corso, nei confronti del dirigente che dimenticò di comunicare i dati in tempo”, ha detto a FocuSicilia l’assessore, in un’intervista di alcuni giorni fa. La percentuale corretta di differenziata nel 2020, secondo Cantarella, sarebbe del 12,6 per cento. Numeri ampiamente migliorabili, come ammette il titolare dell’energia. “Nel nuovo bando, abbiamo predisposto misure che ci consentiranno di migliorare la percentuale, raggiungendo il 20 per cento già il primo anno, e arrivando al 60 entro sette anni”.
Peggio di Moio Alcantara
In effetti, se anche la tabella riportasse il dato fornito dall’assessore, ciò consentirebbe a Catania di scalare una sola posizione, superando Palma di Montechiaro, che nel 2020 ha raggiunto il nove per cento di differenziata, ma restando ampiamente sotto Moio Alcantara, 718 anime in provincia di Messina, che ottiene il 13,6 per cento. Oltre un punto percentuale in più. “È chiaro che non c’è da essere orgogliosi”, conferma lo stesso l’assessore catanese, che addebita il risultato alla “migrazione” dei rifiuti dalle altre città del circondario. Ecco perché l’amministrazione catanese – alle prese con il nuovo bando settennale, andato deserto nel suo lotto più consistente – ha intenzione di eliminare gradualmente i cassonetti in città, sostituendoli con il porta a porta.
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Fanno meglio i piccoli paesi
Caso Catania a parte, dall’analisi delle tabelle risulta evidente come i piccoli Comuni riescano a gestire la raccolta differenziata in modo molto più virtuoso. Il paradigma sembra essere meno abitanti, meno superficie, maggiore efficienza. Non è un caso che le prime dieci posizioni nella classifica siciliana siano occupate soprattutto da Comuni sotto le duemila unità. Il primato regionale spetta a Longi, nel messinese, dove si supera il 92 per cento di differenziata con poco più di 1.300 abitanti. Segue San Giuseppe Jato, nel palermitano, che supera il 90 per cento con 8.400 abitanti. Medaglia di bronzo per Calamonaci, nell’agrigentino, che ottiene una percentuale dell’89 per cento con poco più di 1.200 abitanti. Nella top ten anche il comune ennese di Cerami, che raggiunge l’83,5 per cento con circa 1.800 abitanti.
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La riforma del settore
Sul tavolo del governo regionale, da settimane, c’è la riforma del sistema dei rifiuti. Tra le novità, la rimodulazione degli Ato, che passerebbero a nove contro i 18 attuali, e la creazione di nuove Autorità di ambito (Ada) sottoposte al controllo diretto dei sindaci. Il disegno di legge è stato approvato dalla commissione Ambiente e territorio dell’Assemblea regionale siciliana, presieduta dall’esponente di #DiventeràBellissima Giusi Savarino. Il testo dev’essere ora approvato dall’Ars, ma ha già ricevuto la bocciatura dei Comuni. “Un cambio della governance rischia di compromettere le azioni che devono essere attuate per far fronte all’attuale situazione di emergenza”, ha detto il sindaco di Palermo e presidente dell’Anci Leoluca Orlando. Emergenza che deriverebbe “dalla grave carenza nell’impiantistica pubblica e privata”.