Il grande impianto eolico off-shore previsto al largo delle isole Egadi “rischierebbe di sottrarre il 50 per cento della produzione alle 139 imbarcazioni a strascico e alle 18 a grandi pelagici delle flotte che operano nell’area, quelle di Mazara del Vallo, Marsala, Trapani e delle stesse isole Egadi”. È quanto emerge dalla ricerca realizzata dal dipartimento Pesca della Flai Cgil nazionale, secondo cui verrebbero a mancare preziosi specchi di mare a disposizione delle imbarcazioni adibite alla pesca del gambero rosso e di altre specie e al tonno e pescespada, tra le 470 presenti nella zona, che impegnano 1.066 pescatori. Un impatto notevolissimo per le marinerie, tanto che per Cgil bisogna “aprire la concertazione con tutti gli interlocutori, per evitare di colpire pesantemente l’economia dell’area legata alla pesca e il lavoro collegato”. Nonostante quindi lo sviluppo delle fonti rinnovabili sia necessario e urgente, non si possono sottovalutare gli effetti sulla società e sull’economia, in particolare del progetto di Renexia Spa che prevede l’installazione di 190 aerogeneratori galleggianti posti a 45 chilometri da Favignana, Marettimo e Levanzo, mentre un’altro progetto di minori dimensioni, proposto da Seas Med Srl, prevede altre 25 turbine. L’iter prosegue tra posizioni contrastanti, mentre l’Assemblea regionale siciliana si è dichiarata contraria con una risoluzione approvata lo scorso febbraio.
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Aree di pesca sempre più ridotte
La ricerca, condotta dall’ecologo Francesco Andaloro, prende in considerazione oltre 200 lavori scientifici e si avvale dei dati più aggiornati da più fonti e di interviste alle categorie nelle aree coinvolte. È stata finanziata nell’ambito del programma nazionale triennale pesca e acquacoltura 20/22 e 20/24 adottato con Dm del ministero delle politiche agricole e forestali del 18/05/2022. Lo studio prende in esame l’impatto specifico sull’area interessata “andando oltre le valutazioni di macroscala fin qui realizzate che riguardano l’intera Sicilia e che assegnano percentuali di riduzione di gran lunga inferiori ma che focalizzandole sull’area in questione si aggirerebbero comunque intorno al 37 per cento”, si legge nel documento. Anche nell’ipotesi di ridimensionamento da 2.500 Kmq a 800 Kmq, “l’area effettivamente sottratta alla pesca non diminuisce, in quanto la riduzione esclude aree non strascicabili e nelle quali non può effettuarsi la pesca con i palangari per tonno e pescespada, che sono le attività più colpite”, prosegue la ricerca. Va ricordato, tra l’altro, che la pesca a strascico nella Sicilia meridionale vedrà le aree di pesca sempre più ridotte sia per i limiti spaziali a questo tipo di pesca, sia per la realizzazione della zona economica esclusiva, sia a causa di altri impianti di eolico offshore proposti nella Sicilia meridionale.
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Profonde modificazioni della biodiversità
“Sulla base delle esperienze fatte fino a oggi in altri Paesi – rileva lo studio – non è possibile immaginare l’effetto che l’impianto potrà avere sulle risorse ittiche ma possiamo ritenere che si andrà a una profonda modificazione della biodiversità dell’area e dell’intero ecosistema”. Una delle ipotesi avanzate dalla Flai è una realizzazione dell’impianto per piccoli moduli sottoposti a un organismo di monitoraggio indipendente, applicando un approccio adattativo. “Andiamo avanti con le energie alternative – commenta Tonino Russo, segretario generale Cgil Sicilia – eolico, solare e quant’altro avendo però cura di quello accade alla terra e al mare e delle ricadute sul mondo del lavoro e sulle comunità locali. Riteniamo che una concertazione continua e supportata da dati e informazioni precise sia fondamentale. Dal nostro punto di vista vanno valutate e concertate tutte le misure di
mitigazione e di compensazione che si renderanno necessarie, visto che l’impatto sulle attività di pesca dell’area ci sarà”.
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Governare i processi di transizione energetica
“Il tema – ha detto il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino – è governare i processi di transizione energetica necessari per contrastare i cambiamenti climatici ma anche per rispondere alla crisi energetica contemperando varie esigenze, a partire da quelle dei lavoratori, e facendo in modo che sia una transizione giusta”. Il sindacato ritiene che sia necessaria, come indicano anche le disposizione europee, “una concertazione puntuale con
le categorie e i pescatori delle realtà locali interessate, che finora è stata limitata”. Concertazione che dovrebbe includere i temi della localizzazione e del dimensionamento dell’impianto sulla base di dati precisi forniti dal soggetto realizzatore, di studi sull’impatto sulla pesca incluse le fasi di costruzione e dismissione, che sono le più impattanti. I piani di mitigazione e compensazione, per la Flai, “dovranno essere applicabili visto che i pescatori rivendicano il diritto di continuare la loro attività ma che anche se fosse consentito sarebbe difficile pescare all’interno dell’impianto per motivi di sicurezza, di
inadeguatezza della flotta e di condizioni meteo difficili nell’area per attrezzi della pesca artigianale”.