Un “atto di amore” verso Messina, l’analisi storica di un ingente patrimonio artistico monumentale irrimediabilmente perduto a causa del catastrofico sisma del 1908. È questo il contenuto del volume “Messina Città Perduta”, ricerca scientifica condotta da Nicolò Fiorenza, storico dell’arte e ispettore regionale dei Beni culturali catanese, presentato nella sala stampa della Camera dei deputati di Roma. All’evento, organizzato con il patrocinio della Camera dei deputati, del ministero della Cultura, dell’assessorato dei Beni culturali e dell’Identità siciliana della Regione Siciliana e dell’Assemblea Regionale Siciliana, sono intervenuti il delegato parlamentare italiano all’Assemblea del Consiglio d’Europa, Simone Billi, la Soprintendente ai Beni Culturali di Messina, Mirella Vinci, il docente del Conservatorio di Stato di Palermo, Gianfranco Pappalardo, l’architetto. Luciano Giannone, che ha curato la presentazione della ricostruzione virtuale dei monumenti perduti della città di Messina, e l’autore. A moderare l’incontro culturale Vittoriana Abate, giornalista, autrice e conduttrice televisiva della Rai.
Ricostruire l’identità culturale della città
“L’obiettivo era descrivere l’inizio del recupero e del restauro del patrimonio monumentale della Sicilia – spiega Nicolò Fiorenza – Tutto inizia proprio dopo il sisma del 1908. La revisione di tutta quella struttura organizzativa volta al restauro e al recupero degli innumerevoli beni monumentali inizia proprio dopo quell’evento catastrofico. Da lì parte un percorso lungimirante per il recupero di questi beni che non avevano nulla da invidiare alle altre città d’Italia. Il testo ripercorre proprio questa fase e racconta i monumenti che non esistono più oggi, proprio per questo ‘Messina Città Perduta’, a testimonianza dell’impegno che la comunità e i Savoia avevano profuso per il recupero della città. Oggi più che mai – conclude Fiorenza – Messina avverte l’esigenza di ricostituire quell’identità culturale perduta, facendo rinascere quei luoghi-simbolo che l’hanno resa grande nel passato e che, ad oggi, vivono in letargo sotto forma di molteplici frammenti, accatastati nell’area attigua alla sede del Museo Regionale, in attesa di una chiara destinazione d’uso”.