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Lavoro 2023, record di occupati in Italia. Il Paese è spaccato e ultimo in Europa

Secondo il rapporto 2023 di Inps l'occupazione in Italia è ai massimi storici, ma resta distante dalle medie europee. Diversi i fattori che pesano negativamente, dal calo demografico al divario Nord-Sud, fino alla diversa situazione di lavoratori dipendenti e autonomi. I dati dello studio

L’occupazione italiana è ai “massimi storici”, ma non basta ancora per raggiungere il resto d’Europa e superare “problemi strutturali ben noti“. È un quadro in chiaro scuro quello disegnato da Inps nel XXII Rapporto annuale, presentato stamattina alla Camera dei deputati. Tutti i principali indicatori economici sono in crescita. Tra i più rilevanti, il tasso di attività nella popolazione tra i 15 e i 64 anni (66,4 per cento) e il tasso di occupazione (61 per cento). Per l’Istituto nazionale di previdenza sociale si tratta di valori mai raggiunti, “nemmeno prima della grande crisi del 2008, quando si attestavano al 63,2 e al 58,8 per cento”. La crescita, si legge nel rapporto, non è dovuta al lavoro precario. “La sua incidenza, pari al 16 per cento ad aprile 2023, è inferiore a quella rilevata prima della pandemia (16,6 per cento) a febbraio 2020”. Risultati positivi anche per le donne, sia per il tasso di attività (57,4 per cento) che per il tasso di occupazione (52,3 per cento). “Entrambi sono maggiori di oltre cinque punti rispetto ad aprile 2008″, annota Inps.

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I dettagli del rapporto Inps 2023

A fronte di questi dati positivi, come detto l’economia italiana paga svariate criticità. A partire dalla questione demografica, che rischia di falsare i risultati economici. Infatti, secondo Inps, “il miglioramento di alcuni importanti indicatori (tasso di attività, tasso di disoccupazione) è sempre più ‘facilitato’ dalla negativa dinamica demografica“. Più basso il numero dei cittadini, più basso il numero delle persone da occupare. Il dato più allarmante, si legge nel rapporto, è quello delle nascite, “nel 2022 inferiore, per la prima volta, a 400 mila unità“. Per gli esperti l’impatto “potrà essere relativamente contenuto ancora per qualche anno”, ma nel prossimo decennio “le conseguenze della bassa natalità investiranno fortemente anche il mercato del lavoro”. Il calo delle nascite “si farà sentire vivamente dopo il 2030“, peggiorando i problemi già presenti “nel reperimento della manodopera necessaria, di bassa e alta qualifica”.

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Occupazione, dipendenti e autonomi

C’è poi il divario tra lavoratori dipendenti e autonomi, che hanno risposto in modo molto diverso alla crisi degli ultimi anni. Secondo l’Istituto i primi “hanno recuperato i livelli pre Covid e ampiamente superato i valori antecedenti alla crisi finanziaria del 2008″, mentre gli altri “scontano una dinamica di lungo periodo, innescata già prima della crisi, di continuo ridimensionamento“. Il mondo del lavoro, insomma, continua a essere spaccato a metà. Scendendo nel dettaglio i dipendenti “sono passati da poco più di 15 milioni a gennaio 2016 a superare stabilmente i 17 milioni nel corso del 2022. Il tetto massimo è stato toccato a giugno 2022, con 17,6 milioni“. Reazione inversa per il lavoro autonomo, che mostra una tendenza decrescente negli ultimi anni. “Nel 2022 artigiani, commercianti, agricoli autonomi registrano rispettivamente meno 2,2, meno 0,1 e meno 1,1 per cento sull’anno precedente e meno 3,6, meno 2,2 e meno 3,1 per cento rispetto al 2019”.

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Un Paese (ancora) spaccato a metà

A proposito di divario, quello tra Nord e Sud risulta ancora molto forte. Inps osserva che al Nord “il numero di occupati alla fine del 2022 (17,1 milioni) sopravanzava sia quello pre-pandemico (17 milioni) sia quello pre-crisi del 2008 (16,5 milioni)”. Nel Mezzogiorno, anche se la pandemia “non risulta aver ulteriormente aggravato la situazione (6,2 milioni di occupati nel quarto trimestre 2022 contro 6,1 nel quarto trimestre 2019)”, il numero dei lavoratori è comunque inferiore “rispetto ai livelli occupazionali del quarto trimestre 2007 (6,5 milioni)”. Un lieve segnale di speranza riguarda l’occupazione giovanile, fino a 34 anni. “Anche per il Sud (come per il Centro-Nord) si segnala una modesta crescita del numero di occupati dopo la fortissima contrazione registrata tra il 2007 e il 2013 (meno 35 per cento al Sud, meno 26 per cento al Centro-Nord)”, si legge infatti nel report.

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Italia fanalino di coda in Europa

A testimoniare il fatto che l’economia del Belpaese sia ancora arretrata, infine, è il confronto con l’Europa. “Per quanto migliorati, gli indicatori rimangono ben distanti dalle medie Ue e da quelli registrati per i principali Paesi con cui l’Italia si confronta”. Inps confronta il tasso di occupazione italiano con quello dei principali partner, osservando che “per quanto al massimo storico, è ancora nettamente inferiore alla media Ue, che era pari al 69,5 per cento nel terzo trimestre 2022”. Con il suo 61 per cento l’Italia è ancora dietro a Francia (68 per cento), Germania (77 per cento) e Spagna (64 per cento). “Ciò sta in relazione con il fatto che mentre il tasso di occupazione al Nord (69 per cento nel quarto trimestre 2022) è vicinissimo ai livelli europei, per lo stesso periodo nel Mezzogiorno è al 47,1 per cento e in Sicilia al 43,2 per cento, praticamente la metà di quello olandese”, concludono i tecnici dell’Istituto.

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Valerio Musumeci
Valerio Musumeci
Valerio Musumeci, giornalista e autore. Nel 2015 ha esordito con il pamphlet storico-politico "Cornutissima semmai. Controcanto della Sicilia buttanissima", Circolo Poudhron, con prefazione della scrittrice Vania Lucia Gaito, inserito nella bibliografia del laboratorio “Paesaggi delle mafie” dell'Università degli Studi di Catania. Nel 2017, per lo stesso editore, ha curato un saggio sul berlusconismo all'interno del volume "L'Italia tradita. Storia del Belpaese dal miracolo al declino", con prefazione dell'economista Nino Galloni. Nel 2021 ha pubblicato il suo primo romanzo, "Agata rubata", Bonfirraro Editore.

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