Il lavoro in Sicilia cresce, ma non abbastanza per agganciare il resto d’Italia. Tra il 2021 e il 2022 il tasso di occupazione tra 20 e 64 anni è passato dal 44,5 al 46,2 per cento, circa un punto e mezzo in più. Scende il tasso di mancata partecipazione al lavoro, dal 38,3 al 35,3 per cento, mentre i precari da almeno cinque anni calano dal 31,3 al 27,4 per cento. Sono i dati dell’ultimo rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) realizzato da Istat. L’Isola migliora, ma è ancora in ritardo rispetto alla media nazionale, come del resto il Sud. Il tasso di occupazione infatti è più elevato al Nord (73,2 per cento), rispetto al Centro (69,7 per cento) e al Mezzogiorno (50,5 per cento). “L’occupazione è per lo più precaria, la maggior parte dei contratti sono ancora a tempo determinato. C’è un mercato del lavoro ancora fermo, soprattutto per le donne, nonostante la fase di espansione post-pandemica”, commenta a FocuSicilia il segretario regionale di Cgil Alfio Mannino. “I dati sono fortemente influenzati dall’edilizia privata, che è cresciuto molto per via di misure come il Superbonus. Con le nuove scelte del Governo è facile prevedere che ci sarà un calo”, fa notare Mannino. In generale “l’economia siciliana non riesce a mettere a valore tutte le potenzialità”, e anche il tanto atteso Pnrr “a oggi non sta portando una crescita rilevante”.
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Meno incidenti mortali
Il rapporto Bes esamina diversi parametri per valutare la qualità del lavoro. A partire da quello non regolare, che in Sicilia scende di oltre un punto, dal 18,5 del 2019 al 17,3 del 2020. Malgrado ciò, scrive Istat, il dato rimane molto più alto della media italiana, tendenza che riguarda tutto il Sud. “Secondo l’ultimo dato disponibile del 2020 gli occupati non regolari, in Italia, rappresentano il 12 per cento dell’occupazione complessiva (in riduzione di 0,6 punti rispetto all’anno precedente), nel Mezzogiorno sono il 16,7 per cento (meno 0,8 punti)”. Tra gli altri parametri esaminati c’è il numero dei dipendenti con “bassa paga” (inferiore a due terzi della media nazionale), che nel 2022 rimangono stabili al 16,1 per cento. Cresce invece il numero dei “lavoratori sovra-istruiti” (cioè con un titolo di studio superiore a quello maggiormente richiesto per svolgere quella professione), dal 25,1 per cento del 2021 al 26 per cento del 2022. Notizie migliori arrivano dal fronte della sicurezza. Il tasso di infortuni mortali e inabilità permanente scende di quasi due punti, passando da 14,2 a 12,3 casi per diecimila occupati. Anche stavolta, sottolinea Istat, “il tasso è più elevato nel Mezzogiorno (12 per 10 mila occupati), rispetto al Nord (9,1) e al Centro (10,7)”.
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Tasso di soddisfazione stabile
Il dato sulla sicurezza va messo in relazione alla diminuzione dello smart working, dovuta alla fine dell’emergenza pandemica. In Sicilia si passa dal 9,8 per cento del 2021 al 7,3 per cento del 2022. Una diminuzione che si riscontra anche a livello nazionale, anche se il ricorso al lavoro agile rimane maggiore rispetto al periodo pre-Covid. “Dopo l’incremento registrato nel 2020 a causa della pandemia e l’ulteriore crescita del 2021, si riduce pur rimanendo oltre due volte e mezzo i livelli del 2019”, fa notare Istat. Altro parametro valutato nel report Bes è quello del “part time involontario”, cioè delle persone che non riescono a trovare un lavoro a tempo pieno. In Sicilia il dato scende leggermente, dal 16,3 per cento del 2021 al 15,7 per cento del 2022. Rimane però più alto rispetto alla media italiana, intorno al 10 per cento. In calo anche la percezione di insicurezza dell’occupazione, dall’8,4 al 7,5 per cento. Complessivamente, la soddisfazione dei siciliani per il proprio lavoro è stabile, passando dal 42,8 per cento del 2021 dal 43 per cento del 2022. Anche a livello nazionale “rimane stabile e pari a circa il 50 per cento la quota di occupati che si dichiarano molto soddisfatti per alcuni aspetti del proprio lavoro”, scrive Istat.
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Situazione femminile incerta
Lo studio si concentra anche sulla situazione del lavoro femminile. Il numero delle donne costrette a scegliere tra maternità e lavoro è ancora alto. Nel 2022 il rapporto tra i tassi di occupazione delle donne con figli in età prescolare e delle donne senza figli è di 63,4 punti, in netto calo rispetto ai 69,1 del 2021. In percentuale la Sicilia fa meglio dell’Italia, dove il rapporto migliora soltanto di mezzo punto, passando da 72,4 a 73. Come osserva Istat, “il rapporto è pressoché stabile a livello nazionale, mentre presenta differenze a livello di ripartizione”. Non pervenuti, come per molte altre regioni, i dati siciliani sull’asimmetria nel lavoro familiare, cioè il tempo dedicato alle attività domestiche da donne e uomini. Tradizionalmente, sono le prime a farsi carico delle incombenze maggiori. Il dato nazionale è del 61,6 per cento nel 2022, rispetto al 62,6 per cento del 2021. Una riduzione di un punto che però rappresenta una frenata nel percorso verso una maggiore equità tra i sessi. Infatti l’indice di asimmetria “ha dato segnali di miglioramento nell’ultimo decennio fino al 2020/2021, rimane stabile per il 2021/2022 rispetto alla media del biennio precedente”.
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Cgil: ripartire da Pa e agricoltura
Proprio la situazione femminile, osserva Mannino, è un campanello d’allarme rispetto alla situazione dell’Isola. “Questi dati ci preoccupano, anche perché come sappiamo il Pnrr puntava anche sulla promozione del lavoro femminile e giovanile”, dice il segretario regionale della Cgil. Per invertire la rotta, aggiunge, occorre partire dalla Pubblica amministrazione. “Tra Regione, Enti locali e funzione pubblica mancano all’appello circa 30 mila lavoratori. Se sommiamo i circa 17 mila che secondo le Asp mancano nella Sanità, parliamo di circa 50 mila posti venuti meno negli ultimi anni”. Le nuove assunzioni “aiuterebbero tante famiglie, dando lavoro stabile, e al contempo rafforzerebbero la Pa, che è fondamentale anche per la gestione del Pnrr”. In generale, secondo Mannino, la Sicilia sconta la mancanza di una strategia politica. “La nostra industria è basata per lo più sulla raffinazione del petrolio, mentre ignora totalmente comparti essenziali come l’agricoltura”. Una mancanza dimostrata dai dati economici, conclude il segretario della Camera del lavoro siciliana. “Siamo la seconda regione italiana per agricoltura, ma soltanto la dodicesima per trasformazione di prodotti agricoli. È evidente che qualcosa non va”.