Morti sul lavoro: 868 in 10 mesi in Italia. Allarme a Siracusa e Messina

Morti sul lavoro: 868 in 10 mesi in Italia. Allarme a Siracusa e Messina

Morti sul lavoro: 868 vittime in 10 mesi in Italia. Un bilancio catastrofico di 86 decessi al mese, ovvero oltre21 vite spezzate ogni settimana. E nel quadro nazionale delineato dall’Osservatorio Sicurezza di Vega Engineering, basato sui dati ufficiali forniti daInail, due province siciliane sono tra le peggiori per incidenza:Siracusa e Messina. Nella provinciaaretuseail bilancio fino a ottobre 2023 è di7 vittime su 111 mila occupati, con una incidenza – ovvero il numero di vittime ogni milione di occupati – di 62,9, ilsettimo risultato peggiore in Italia.Vittime che a Messina salgono a 10, ma con una incidenza poco più bassa di 59,3 perché calcolata su un numero più altro di occupati, pari a 168 mila. In Sicilia, dopo le “maglie nere” Siracusa e Messina,Palermo è prima nell’Isola per numero di vittime con 11, ma l’incidenza calcolata su 322 mila occupati è più bassa e pari a 34,1, la 45esima provincia in Italia.Otto le vittime a Catanianei primi dieci mesi del 2023 (incidenza di 27,8 su 287 mila lavoratori, 57esima in Italia),3 in quella di Trapani(incidenza di 25,8 su 116 mila lavoratori, 63esima in Italia). SegueAgrigento con 2 vittime(incidenza 17,7 su 112 mila occupati, 80esima in Italia),mentre una vittima si registra a Ragusa, che ha una incidenza di 8,9 e anche qui su 112 mila occupati.Nessuna vittimaregistrata nelle provincia diCaltanissetta(59 mila lavoratori) edEnna(46 mila occupati), dove l’incidenza è quindi zero. Delle 868 morti sul lavoro in Italia nel 2023, 672 sono avvenute in occasione di lavoro (più 2 per cento rispetto a ottobre 2022), il 77,4 per cento, e 196 in itinere (meno 21,6 per cento rispetto a ottobre 2022). Tra le regionila Sicilia è all’ottavo posto in termini assoluti con 42 vittime. Alla Lombardia va la maglia nera con 108. Seguono:Campania(66),Veneto(62),Emilia Romagna(58),Piemonte(56),Puglia(51),Lazio(50). La regione conl’incidenza più alta(56,8 calcolata su 352 mila lavoratori) è invecel’Umbria, con 20 vittime. Nei primi dieci mesi del 2023 è sempre il settore delle Costruzioni a registrare il maggior numero di decessi in occasione di lavoro: sono 117. È seguito dal settore dei Trasporti e Magazzinaggio (91), dalle Attività Manifatturiere (81) e dal Commercio (56).A livello provinciale in Italial’incidenza più alta si ha a Terni, in Umbria, dove si sono registrate8 vittime:l’incidenza di 96,4è più alta di oltre venti punti rispetto alla seconda provincia in classifica,Crotone, dove si sono verificate tre morti. Intermini assoluti è invece di Napoli con 32, seguita da Roma (31 vittime) e Milano (30), pur non rientrando tra le province con maggiore incidenza dato l’elevato numero di lavoratori. Leggi anche –Morti sul lavoro, la Sicilia tra le regioni più “pericolose”: 32 decessi nel 2023 La fascia d’età numericamente più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro èsempre quella tra i 55 e i 64 anni (244 su un totale di 672). Ledonneche hanno perso la vita in occasione di lavoroda gennaio a ottobre 2023 sono 38, mentre21 hanno perso la vita in itinere, cioè nel percorso casa-lavoro. Preoccupante il numero distranierideceduti in occasione di lavoro:sono 128, mentre sono33 quelli deceduti a causa di un infortunio in itinere. Su una forza lavoro straniera che rappresenta circa l’8 per cento del totale nazionale, levittime sul lavoro straniere sono il 18,5 per cento del totale. Ilmercoledì il giorno più luttuosodella settimana, ovvero quello in cui si sono verificati più infortuni mortali nei primi dieci mesi dell’anno (19,9 per cento). Tutto questo nonostante unadiminuzione del 17,8 per cento delle denunce di infortuniototali rispetto a fine ottobre 2022. Erano, infatti, 595.569 a fine ottobre 2022, nel 2023 sono scese a 489.526. Lo scorso anno a fine ottobre le denunce erano 75.034 mentre a fine ottobre 2023 sono diventate 33.773. Il decremento è legato soprattutto al settore della Sanità, il più colpito nel periodo dellapandemia da Covid-19, i cui casi sono “quasi del tutto estinti”, sottolinea l’Osservatorio Vega.