Oltre novecento imprese perse nei primi tre mesi del 2023. È la denuncia di Confcommercio Sicilia, che analizza i dati Unioncamere, dai quali emerge che il saldo tra aperture e chiusure di nuove attività nell’Isola è negativo per 907 unità. Secondo l’associazione la Sicilia “continua a essere tra le peggiori regioni d’Italia per saldo negativo”, e nelle ultime rilevazioni “ha fatto peggio soltanto il Piemonte”. E il trend sarebbe confermato anche nelle ultime settimane, “sebbene manchino ancora i dati ufficiali”. Per questo, secondo l’associazione che riunisce le imprese del commercio, “è improcrastinabile focalizzare buona parte del proprio impegno sindacale a sostegno degli imprenditori siciliani in stato di crisi, utilizzando ovviamente gli strumenti normativi previsti”.
Rimediare alla crisi delle imprese
È quanto ha chiarito il presidente regionale Gianluca Manenti in audizione, ieri pomeriggio, presso la Commissione paritetica permanente per il coordinamento delle iniziative di contrasto alla crisi delle imprese insediatasi presso l’assessorato regionale delle Attività produttive. “Abbiamo evidenziato come, secondo noi, la commissione debba porre sotto particolare attenzione due strumenti”, ha chiarito Manenti, “la finanza alternativa o complementare e la conciliazione. La finanza complementare si è andata gradualmente affermando, nel corso degli ultimi anni, come strumento utile per le imprese in cerca di risorse creditizie. Questo attraverso l’utilizzo dei minibond, ovvero il ricorso al mercato mobiliare per il collocamento di titoli di debito come obbligazioni e cambiali finanziarie per importi fino a 50 milioni di euro”.
L’importanza dei minibond
“I minibond possono essere utilizzati per garantire la liquidità di breve periodo e finanziare il capitale circolante, sostenere piani di sviluppo industriale o programmi di internazionalizzazione di medio-lungo periodo, effettuare il rifinanziamento di debiti in scadenza”, dice ancora Manenti. “L’emissione di minibond garantisce una serie di vantaggi per le imprese, come, ad esempio, l’assenza di segnalazioni in centrale rischi, dove sono registrate tutte le esposizioni contratte da privati o imprese verso le banche e gli altri intermediari finanziari”.
La conciliazione giudiziale
L’altro strumento che Confcommercio Sicilia ha chiesto alla commissione di analizzare è la conciliazione giudiziale. “È il mezzo”, ha aggiunto Manenti, “attraverso il quale il contribuente può definire, in tempi brevi, un contenzioso, già in atto o anche solo potenziale, godendo di una riduzione delle sanzioni amministrative, variabile in base al grado di giudizio in cui si perfeziona. La conciliazione fuori udienza presuppone la presentazione di una istanza congiunta sottoscritta personalmente dalle parti o dai difensori, per la definizione totale o parziale della lite.
Valutare ogni strumento possibile
“La conciliazione in udienza può essere proposta”, afferma il numero uno di Confcommercio Sicilia, “da ciascuna delle parti entro dieci giorni liberi prima della data di trattazione, riferibile sia al primo che al secondo grado, con istanza di trattazione in pubblica udienza; dalla Corte in udienza la quale, sussistendo le condizioni di ammissibilità, invita le parti a conciliarsi, rinviando eventualmente la causa alla successiva udienza per il perfezionamento dell’accordo. Sono strumenti che, secondo noi, per aiutare le imprese in difficoltà, devono essere valutati con la massima attenzione per cercare di dare sollievo a chi si trova in ambasce”, conclude Manenti.