Da qui al 2030 i pescatori italiani potrebbero perdere il diritto di gettare le reti a strascico su oltre due milioni di ettari di mare. A prevederlo è il “Marine Action Plan”, un pacchetto di quattro documenti della Commissione europea riguardanti il settore pesca. In uno di essi è scritto nero su bianco che lo strascico “mette a rischio la sostenibilità della pesca e la disponibilità di pesce a medio e a lungo termine”. Per questo motivo la Commissione chiede all’Italia e agli altri Paesi dell’Unione di “eliminare gradualmente la pesca di fondo in tutte le aree marine protette al più tardi entro il 2030”, garantendo allo stesso tempo “che questa tecnica non sia sostituita da alternative equivalenti o peggiori”. Le aree protette a cui fa riferimento la Commissione sono quelle inserite nella rete “Natura 2000”, che in Italia si estendono, appunto, su oltre due milioni di ettari di mare. Il governo italiano è stato tra i primi a bocciare il documento. Per il ministro della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida attribuire allo strascico la distruzione dei fondali marini “appare una semplificazione”, motivo per cui l’Italia ha chiesto “la revisione del Piano, di concerto con gli Stati membri e il settore”.
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Cosa prevede il documento europeo
Secondo il documento della Commissione europea, la pesca a strascico “è una delle attività più diffuse e dannose per i fondali marini e i relativi habitat”. Alcune misure per limitarla sono già state introdotte. “Gli strumenti di gestione vietano tale tipo di pesca in un’area di ben 16.419 chilometri quadrati”. Malgrado ciò questa tecnica “continua a essere diffusa nelle acque dell’Ue. Ad esempio, nell’Atlantico nord-orientale è praticata nell’80-90 per cento delle zone in cui è possibile pescare”, e in generale “nelle zone in cui le attività di pesca sono più intense le reti a strascico sono utilizzate più di dieci volte l’anno”. La situazione dei mari europei, si legge ancora nel documento, è critica. “Attualmente il 79 per cento dei fondali costieri sono considerati fisicamente alterati, principalmente a causa della pesca a strascico, ed è probabile che un quarto della zona costiera dell’Ue abbia perso i suoi habitat di fondale”. Lo strascico, inoltre, sarebbe dannoso anche dal punto di vista delle emissioni. “Non solo danneggia gli ecosistemi da cui dipendono le attività di pesca, ma comporta anche un notevole dispendio di carburante, generando costi considerevoli per il settore e un’impronta di carbonio particolarmente elevata”, scrive la Commissione europea.
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Il crono-programma della Commissione
Da qui la richiesta di vietare totalmente la pesca a strascico nelle aree inserite nella rete “Natura 2000”, con un preciso calendario inserito nel Piano. Entro giugno 2023 gli Stati membri sono invitati a stabilire “l’estensione massima ammissibile dei fondali marini che può andar persa o subire gli effetti negativi delle pressioni umane”. Entro la fine di marzo 2024 i Paesi dell’Unione devono adottare “misure nazionali o, se del caso, proporre ai gruppi regionali raccomandazioni comuni volte a vietare la pesca di fondo nelle aree marine protette”, nonché “fornire una descrizione generale del modo in cui ciascuno di essi intende garantire che la pesca di fondo sia gradualmente eliminata entro il 2030”. Da parte sua la Commissione europea si occuperà di vigilare sul raggiungimento degli obiettivi. L’organismo europeo infatti potrà “monitorare e tenere traccia dei progressi compiuti in materia di raccomandazioni comuni nei gruppi regionali degli Stati membri” e allo stesso tempo “sostenere lo sviluppo e l’adozione di soluzioni innovative volte a limitare l’impatto delle attività di pesca di fondo”. Un parere in tal senso è stato chiesto al Ciem, Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare, ed è atteso “entro la fine del 2023”.
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Coldiretti: una misura controproducente
Dati alla mano, il Piano europeo rischia di inibire la pesca in una porzione molto vasta del mare italiano. Come detto il governo Meloni ha chiesto una revisione, ma a usare parole dure sono soprattutto gli esponenti della categoria. Per Coldiretti si tratta “dell’ennesima follia Ue”, motivo per cui è necessaria “la mobilitazione degli imprenditori ittici”. Quella proposta dalla Commissione è “una misura draconiana” che con la scusa della tutela dell’ambiente “punta a cancellare la pesca con sistemi a strascico”. Quest’ultima “interessa quasi il 20 per cento della flotta ma rappresenta in termini di produzione ben il 65 per cento del pescato nazionale, operando di media non più di 130 giorni all’anno”. Per l’associazione il Piano varato da Bruxelles rischia persino di essere controproducente. Lo stop allo strascico nelle aree protette, infatti, “vanifica anche i sacrifici fatti dalla marineria nazionale proprio sul fronte della sostenibilità. Basti pensare alle norme di contenimento dello sforzo di pesca nel Mediterraneo che, a detta della stessa Commissione, cominciano a dare risultati positivi sulla conservazione delle risorse ittiche”.