In Sicilia sono 200 i Comuni sprovvisti di un piano della Protezione Civile per fronteggiare terremoti, alluvioni e disastri causati dal dissesto idrogeologico – molti altri, invece, hanno ancora una mappatura non aggiornata – a Catania su 100 scuole solo 24 hanno una struttura a norma antisismica. Sono questi i dati che fotografano una Sicilia dal costruito vetusto, che “in caso di terremoti o altre calamità naturali presenta un rischio elevato di gravi danni e ingenti perdite di vite umane”. Si esprime senza troppi giri di parole il ministro della Protezione Civile e delle Politiche del Mare Nello Musumeci (alla presidenza della Regione Siciliana nella passata legislatura), in occasione del convegno sulla prevenzione sismica organizzato a 330 anni dal sisma della Sicilia Orientale da Ance Catania, dagli Ordini etnei degli Architetti PPC, dagli Ingegneri, dal Collegio catanese dei Geometri e dai Geologi di Sicilia, unitamente al Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Catania (Dicar).
Stanziati quattro miliardi di euro per la prevenzione
“Uno scenario comune a gran parte del Paese e di cui il Governo Meloni ha preso atto, impegnandosi a fondo per garantire il diritto alla vita e alla sicurezza – prosegue Musumeci – con il Pnrr e il Fondo Sviluppo e Coesione sono stati stanziati quasi quattro miliardi di euro per la prevenzione da destinare a Regioni ed Enti locali. Occorre, però, una semplificazione delle procedure e una programmazione degli interventi. In questo senso, il dialogo con protezione civile, professionisti e costruttori sarà certamente proficuo”»”. Quattro i punti principali individuati dal ministro, “«”da norme tecniche e fiscali chiare ed efficaci sia dal punto di vista energetico che sismico, fino alla riorganizzazione strutturale del piano di prevenzione, oggi segmentato tra molteplici ministeri – da affidare interamente alla protezione civile. Importante il censimento del costruito, a cui affiancare incentivi fiscali mirati e destinati principalmente all’edilizia popolare e alle aree con maggior rischio. Altra aspetto da non trascurare il piano di ricostruzione, processo che dovrebbe concludersi in massimo 10 anni”.
“Conoscere la situazione di rischio in cui si vive”
Frutto di queste azioni sarà la raccolta di dati importanti di cui i cittadini devono essere in possesso. Da qui altri due elementi di grande rilevanza: la comunicazione e la trasparenza. “Conoscere le reali condizioni di rischio in cui si vive, sia per morfologia del territorio sia per caratteristiche dell’immobile, contribuirà a mettere in campo azioni efficaci, quali la ristrutturazione, la demolizione o, in casi estremi, il cambio di domicilio», aggiunge sumeci. Collante indispensabile è la Regione Siciliana, portavoce della rete di professionisti e delle necessità del territorio: presente il presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno, secondo il quale “l’attuale stato di arretratezza deve fare da volano per una nuova programmazione e gestione delle risorse, avviando un percorso di messa in sicurezza importantissimo per il nostro futuro e quello dei nostri figli”. “Come dipartimento dell’Urbanistica riceviamo i dati che ci arrivano dall’autorità di bacino e dalla protezione civile – spiega l’assessore regionale del Territorio e dell’Ambiente Elena Pagana – una collaborazione già avviata nella passata legislatura e che, certamente, cercheremo di rendere ancor più efficace”.