La sanità siciliana è una raffica di dolori. Precari Covid in attesa di essere stabilizzati, con un protocollo regionale siglato e qualche azienda, come il Policlinico di Catania, che in pochi mesi ne ha assunti circa 300. Reparti ospedalieri che chiudono perché mancano medici e infermieri, come alle Eolie. Laboratori privati che reclamano risorse: una partita da 100 milioni di euro, intanto da Palermo se ne trovano 14. Una pioggia di milioni per le nuove strutture del Pnrr che forse rimarranno vuote. Ancora: liste d’attesa interminabili per i pazienti (anche sei mesi per un’ecografia al seno), con un arretrato Covid che ancora non è stato smaltito. Le conseguenti migrazioni sanitarie verso le Regioni del Nord, dove le cure sono più veloci ed efficienti. Inoltre: l’età media dei siciliani si alza. L’Isola ha “il più alto tasso di over 65 d’Italia e di conseguenza aumentano le patologie cronico-degenerative. Il 20 per cento degli anziani presenta tre cronicità e ci sono 11 mila disabili gravi”, secondo Maria Concetta Balistreri, segretaria generale dello Spi Cgil Sicilia.
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Il rapporto Crea sanità: Sicilia bocciata
L’ultimo rapporto sulle performance regionali in ambito sanitario, appena presentato da Crea Sanità, il Centro per la ricerca economica applicata in sanità, traccia un quadro desolante. Secondo un panel di cento esperti provenienti da diverse categorie, la Sicilia è tra le sei regioni bocciate, insieme a Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria. Nell’Isola, la spesa sanitaria pubblica pro capite standardizzata è superiore alla media nazionale, ma sempre più siciliani rinunciano alle cure a causa di problemi economici, lunghe distanze e liste d’attesa infinite. I valori di screening mammografico, colon rettale e cervicale sono molto bassi. Molti anziani sopra i 65 anni hanno una speranza di vita inferiore alla media nazionale. Pochi i disabili che beneficiano di assistenza domiciliare integrata con servizi sanitari e pochi i soggetti fragili che ricevono interventi di integrazione. Gli anziani sopra i 75 anni non autosufficienti hanno limitato accesso ai trattamenti sociosanitari residenziali. Anche l’accesso alle tecnologie innovative è stato valutato negativamente: poche le strutture che effettuano interventi con tecniche mininvasive. Promosse invece Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Marche. Veneto, Trento e Bolzano ottengono una valutazione con lode.
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Mannino (Cgil): “Incarichi e poltrone, non salute”
È una sanità “allo sfascio” quella siciliana, secondo quanto osserva la Cgil regionale che sabato sarà a Roma per rivendicare investimenti che rilancino il servizio sanitario pubblico. “Qua – afferma il segretario regionale Alfio Mannino – chiudono pure i Pronto Soccorso, sono in difficoltà anche i reparti di emergenza e urgenza e a soffrire di più sono ovviamente le aree interne. I vuoti di organico sono enormi e molti medici a causa di condizioni di lavoro e contrattuali insoddisfacenti si spostano nel privato. Se il governo nazionale – osserva Mannino – deve mettere più risorse nel Fondo nazionale per la sanità e sbloccare i concorsi e i rinnovi contrattuali, c’è tutta una partita che riguarda la riorganizzazione delle reti ospedaliere e della emergenza-urgenza, della medicina del territorio oggi inadeguata e dell’integrazione socio-sanitaria, rispetto alla quale la Regione non può continuare a sottrarsi, come ha fatto finora eludendo anche il confronto con le parti sociali”. Per il segretario, il governo guidato dal presidente Renato Schifani sarebbe infatti “più impegnato sul fronte degli incarichi, delle poltrone e della bassa cucina politica che su quello del diritto alla salute delle cittadine e dei cittadini e questo non è accettabile”.
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“Indispensabili” nuovi concorsi e stabilizzazioni
Gli organici di medici, ausiliari e infermieri sono al minimo. Ma lo si sa già: a livello territoriale, dai piani triennali del fabbisogno di personale emerge la necessità di assumere quasi 18 mila unità. Che però non basteranno, tenendo conto delle previsioni del Pnrr e delle nuove strutture per la medicina territoriale, come le case di comunità, gli ospedalità di comunità e le centrali operative. Le due leve sono sbloccare i concorsi e mettere ordine nel grande bacino del lavoro precario fatto di “partite, Iva, co.co.co e assunti direttamente dagli enti attraverso cooperative. C’è troppo precariato”, evidenzia il segretario generale della Funzione pubblica Cgil Sicilia, Gaetano Agliozzo. Il sindacato reclama la necessità di una regia regionale e si appella al presidente Schifani: “Faccia sentire la sua voce – lo esorta Mannino – e dica con chiarezza, assumendo impegni precisi, se sta dalla parte della Sicilia e dei siciliani. E lo faccia anche ritirando il suo appoggio allo scellerato progetto di Autonomia differenziata che assesterà un colpo mortale anche alla sanità siciliana che sarà sempre più lontana da standard accettabili”.