Con il 20 per cento di imprese che pagano alla scadenza i propri fornitori, la Sicilia è all’ultimo posto della classifica italiana stilata dallo Studio Pagamenti di Cribis, aggiornato al 31 marzo 2021. Inoltre, con poco più del 23 per cento, si aggiudica il primato negativo per quanto riguarda i pagamenti oltre i 30 giorni. Fra le 20 province italiane le cui imprese, a confronto con l’ultimo trimestre del 2020, hanno registrato il maggior peggioramento nei pagamenti in grave ritardo, al 17 esimo posto troviamo Siracusa (più 6,4 per cento).
Chi scende e chi sale
Scendendo nel dettaglio delle province, fanno segnare un decremento nei ritardi gravi Catania (meno 3,3 per cento), Caltanissetta (meno 2,7 per cento), Ragusa (meno 2 per cento) ed Enna (meno 1,3 per cento), mentre diminuiscono i pagamenti puntuali a Trapani (meno 1,7 per cento). Caltanissetta, Ragusa e Agrigento sono le province siciliane con l’aumento più elevato di pagamenti puntuali (rispettivamente più 13,8 per cento, più sette e più sei per cento).
Leggi anche – Imprese, al Sud ritardi su innovazione e digitale. In 20 mila rischiano la chiusura
Maglia nera per Trapani
Trapani, alla 107 esima posizione, è la meno virtuosa fra le province italiane. In Sicilia la migliore è Ragusa (91 esima), seguita da Catania (94 esima), Agrigento (95 esima), Caltanissetta (97 esima), Enna (99 esima), Messina (102 esima), Siracusa (103 esima), Palermo (104 esima). Rispetto a dicembre 2020, Messina perde tre posizioni, Siracusa due, Agrigento una; Trapani resta stabile, mentre Catania guadagna due posizioni e Palermo, Enna, Caltanissetta e Ragusa una.
La situazione delle Regioni
A livello nazionale, nel primo trimestre del 2021, con il perdurare dell’emergenza Covid-19, i ritardi gravi (oltre 30 giorni) nei pagamenti delle imprese sono aumentati soprattutto in Umbria (più otto per cento), Liguria (più 7,1 per cento), Trentino-Alto Adige (più 6,1 per cento) e Marche (più 5,1 per cento). Sono invece diminuiti in Basilicata (meno 4,6 per cento), Campania (meno 1,9 per cento) e Valle d’Aosta (meno 1,5 per cento).
Leggi anche – Imprese straniere, nel 2020 due record in Sicilia: Trapani prima, Palermo ultima
Sud e Isole in difficoltà
Le aziende italiane che pagano puntualmente clienti e fornitori rappresentano il 36,5 per cento del totale, un dato superiore del 4,6 per cento rispetto a quello dello stesso trimestre nel 2020, quando l’emergenza Covid-19 era appena iniziata, mentre le imprese che effettuano i pagamenti in grave ritardo sono il 13,1 per cento (più 23,6 per cento rispetto a fine marzo 2020). Il Nord Est si conferma l’area geografica più affidabile, con il 44 per cento dei pagamenti regolari, mentre il Sud e Isole sono le zone dove le imprese incontrano maggiori difficoltà: solo il 24 per cento delle aziende, infatti, rispetta i tempi di pagamento.
Record negativi
Ai vertici del ranking regionale dei pagamenti puntuali troviamo Lombardia (45,6 per cento) ed Emilia-Romagna (44,8 per cento), seguite da Veneto (44 per cento), Marche (42,9 per cento) e Trentino – Alto Adige (42,7 per cento). In ultima posizione, come detto, si trova la Sicilia, dove solo un’impresa su cinque adempie nei termini i propri obblighi di pagamento (20 per cento), e che è preceduta da Calabria (20,9 per cento) e Campania (23,6 per cento). Sicilia, Campania e Calabria si aggiudicano inoltre il primato negativo per quanto riguarda i pagamenti oltre i 30 giorni, rispettivamente con il 23,1 per cento, il 22,8 per cento e il 20,5.
Leggi anche – Le grandi imprese in Sicilia sono solo 90. La classifica provinciale
I settori con maggiori ritardi
Le microimprese, con il 38,5 per cento di pagamenti alla scadenza, sono le più virtuose ma registrano anche la maggiore quota di ritardi gravi (14 per cento, a fronte del 9,7 per cento delle piccole, del 6,8 per cento delle medie e del 6,3 per cento delle grandi). Per quanto riguarda i settori, rispetto a dicembre 2020 il commercio al dettaglio è il settore con l’incremento più elevato di ritardi gravi (più 4,5 per cento), seguito da agricoltura, foreste, caccia e pesca (più 4,1 cento) e servizi finanziari (più 3,3 per cento).