In Catalogna è vietato vietare. E si può sfoggiare il topless, anche in piscina. È una sacrosanta battaglia per la parità di genere o una provocazione? E in Italia? Già nel 2020 la Spagna aveva varato una legge per l’uguaglianza contro la discriminazione per sesso o etnia ma, complice denunce e distinguo dei singoli Comuni, la regione autonomista spagnola della Catalogna ha preso una posizione chiara: “proibire alle donne di stare nelle piscine pubbliche a torso nudo – si legge nel comunicato – costituisce una discriminazione”. E ancora, “il divieto per le donne di stare a torso nudo o di allattare, così come dell’uso di costumi da bagno più lunghi (come il burkini, usato dalla comunità musulmana) sono atti che escludono una parte della popolazione dall’accesso a determinati servizi e violano la scelta di ciascuno rispetto al proprio corpo“, ha specificato il governo regionale, prevedendo una multa fino a 500.000 euro per qualsiasi Comune che violi la norma.
Discriminazione di genere
Piaccia o meno, se gli uomini possono – e hanno sempre sfoggiato il torso nudo – secondo Mugrons Lliures, un gruppo per i diritti civili impegnato nella lotta alla discriminazione di genere – “essere costretti a coprire il seno corrisponde ad un doppio standard sessista, spingendo verso la sessualizzazione del corpo delle donne”. Dalla notte dei tempi, in tal modo si costruisce un tabù, coprendo lembi di carne e facendone qualcosa di proibito, un oggetto di desiderio e una fonte di peccato.


Meta e la policy proibizionista contro il topless
Recentemente, la deputata del parlamento italiano, Gilda Sportiello, ha ottenuto dalla Giunta per il regolamento di Montecitorio il consenso per allattare durante una seduta sino al primo anno d’età, una battaglia vinta che normalizza il corpo, il neonato e la maternità. Ma paradossalmente, Instagram e Facebook – parte della galassia Meta di Mark Zuckerberg – sono tutt’altro che una piazza di libertà digitale e sin dal primo momento continuano a promulgare una policy proibizionista che sospende gli utenti per oscenità nel caso in cui postino foto con capezzoli femminili o nudità. E questo anche in caso di foto d’autore o peggio, di quadri celebri scatenando le vivaci proteste degli utenti per l’incapacità dell’algoritmo – e di chi l’ha progettato – di saper discernere fra arte e nudità.
A Tropea il topless femminile solo se il seno “merita”
Dalla Spagna alla Germania i movimenti “free nipples” guadagnano consensi e anche a Berlino è stato autorizzato il topless libero per tutti nelle piscine pubbliche, sancendo – si legge nella sentenza – “pari diritti per tutti i berlinesi, maschi, femmine o non binari, e creando anche certezza giuridica”. E in Italia? Nel paese dei distinguo e dei mille campanili, ancora oggi nella spiaggia di Tropea vige un’ordinanza emessa nel 1982 che consente il topless in spiaggia ma solo se il seno “merita” e sarebbe curioso capire a chi spetti il giudizio. Cresciuti all’ombra del Vaticano, in Italia la libertà dei costumi sessuali è ancora un enorme tabù che attira il prurito della stampa e dei benpensanti, scandalizzati dai testi di Rosa Chemical, dalle foto social della bassista dei Maneskin, Victoria De Angelis e dalle sfilate del Pride lungo lo stivale. In Italia, al momento, nelle piscine pubbliche servirebbe un regolamento ad hoc per permettere il topless. Arriverà o resteremo dietro lo spioncino, continuando a proibire (e a spiare)?